Il Decreto Legge Lavoro è passato, tra le polemiche del primo maggio, inosservato per quanto riguarda i suoi temi.
Un video in particolare, quello della premier Giorgia Meloni, ha creato uno scalpore: “Lo spot per rubare la scena al Concertone“, ha scritto qualche giorno fa Repubblica. Le modalità di presentazione del decreto non sono quindi piaciute ai più.
E il fatto che sia stato presentato proprio nella festa dei lavoratori ha contribuito per forza di polemiche ad oscurarne i contenuti per dare invece spazio al caso mediatico. Ma adesso è invece ora di riportare alla luce quei contenuti.
Fra le tante riforme, evidenziato e cerchiato con la penna rossa c’è un provvedimento molto caldo: il taglio al cuneo fiscale sulle retribuzioni fino a 35mila euro lordi.

Il viceministro dell’Economia Maurizio Leo ha confermato l’intenzione di tagliare il cuneo fiscale.
In atto un taglio di sei punti percentuali per chi ha un reddito inferiore ai 35 mila euro.
Taglio che secondo Leo permetterebbe ai diretti interessati di guadagnare sullo stipendio circa 80-100 euro al mese.
Per analizzare il provvedimento è intervenuto in diretta con il vicedirettore de La Verità, Francesco Borgonovo, il sindacalista ed autore Savino Balzano.

Quello che noi dobbiamo registrare per quanto riguarda il taglio del cuneo fiscale – commenta Balzano – è che per i redditi più bassi arriva fino ad un centinaio di euro in più in busta paga. E’ una fase in cui abbiamo un’inflazione galoppante, fase storica per il nostro paese che registra una contrazione salariale, unico caso in Europa negli ultimi 30 anni.
Quindi questa misura come si fa a percepirla negativamente? Cioè è un aiuto in busta paga riconosciuto a coloro i quali hanno maggiori difficoltà
“. Il sindacalista non si dichiara però fan del taglio al cuneo fiscale.
In particolare per un motivo.

Se tu tagli il cuneo fiscale in un sistema di pareggio di bilancio è chiaro che quelle sono risorse che vengono meno.
Allora io poi voglio capire se il taglio al cuneo fiscale in prospettiva, oltre allo scostamento di bilancio, mi può comportare tagli serviti allo stato sociale. Se così fosse, in prospettiva saremmo a un punto di partenza e non avremmo risolto niente.
La crescita dei salari deve avvenire con l’aumento: devono essere le multinazionali a cacciare i soldi.

Dev’essere la grande impresa. Non deve essere lo Stato con il taglio del cuneo fiscale: in questo contesto questo non è possibile.
Non lo è perché non abbiamo politiche economiche antiregressive che possano consentire l’aumento del potere contrattuale dei sindacati e della comunità del lavoro in generale e dunque questo diventa molto difficile rivendicarlo sul piano della contrattazione collettiva“.

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