Pubblicato il: 14/11/2024

Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 7860 del 30 settembre 2024, ha confermato un principio fondamentale riguardante gli abusi edilizi, con particolare attenzione alla sanatoria edilizia e all'accertamento di conformità. Il principio in questione riguarda l’obbligo della "doppia conformità" delle opere abusive rispetto alla normativa edilizia e urbanistica.
Cos'è la doppia conformità?
Il concetto di doppia conformità è alla base dell'istituto dell'accertamento di conformità. Questo principio, sancito dall'art. 36 del T.U. edilizia, stabilisce che un'opera edilizia abusiva può ottenere il permesso di costruire in sanatoria solo se soddisfa due condizioni fondamentali:
  • deve essere conforme alla normativa edilizia e urbanistica in vigore al momento in cui l’opera è stata realizzata;
  • deve rispettare le normative in vigore al momento della richiesta di sanatoria.

Se l'intervento non è conforme alle disposizioni del piano urbanistico comunale (PUC) vigente, il permesso di sanatoria non può essere concesso. In altre parole, se l’opera è vietata dal piano regolatore, non si può ottenere il permesso in sanatoria.
La sentenza del Consiglio di Stato: il caso del recupero del sottotetto
La sentenza n. 7860 riguarda il diniego di sanatoria per un intervento edilizio che consisteva nel recupero di un sottotetto. L’intervento prevedeva il taglio del solaio e l'installazione di una scala di collegamento con l'appartamento sottostante, con l'obiettivo di creare un nuovo ambiente residenziale.
In questo caso, il Consiglio di Stato ha escluso la possibilità di rilascio del permesso in sanatoria per via della mancanza della doppia conformità. Infatti, l'intervento non rispettava il regolamento urbanistico comunale, che vietava espressamente simili operazioni in una zona storica, classificata come "zona omogenea A".
La ristrutturazione e il recupero del sottotetto
Secondo i giudici, l'intervento in questione rientrava nella categoria della ristrutturazione edilizia, ai sensi dell'art. 3, comma 1, lett. d) del Testo Unico dell’Edilizia. Questo tipo di intervento, che implica modifiche strutturali significative, non era consentito nella zona A del Comune, dove il piano urbanistico prevedeva delle restrizioni specifiche. In particolare, il piano disponeva che:
  • non fosse permesso l’accesso con scala ai sottotetti esistenti, a meno che non fosse stato avviato un preventivo recupero abitativo;
  • nei sottotetti senza caratteristiche residenziali, l'accesso sarebbe stato consentito solo tramite botola.

Pertanto, l'intervento prevedeva non solo un cambio di destinazione d'uso del sottotetto, ma anche modifiche strutturali, come l'installazione della scala e l'apertura di finestre, che non erano conformi né alla normativa vigente al momento dei lavori, né a quella vigente al momento della domanda di sanatoria.
La questione della sanatoria parziale
Un altro aspetto importante della sentenza riguarda il tentativo di chiedere la sanatoria parziale. Il ricorrente aveva richiesto la sanatoria solo per alcune opere specifiche, come il taglio del solaio e l'installazione della scala, ma non per il cambio di destinazione d'uso del sottotetto o le modifiche aggiuntive come l'apertura delle finestre.
Tuttavia, il Consiglio di Stato ha chiarito che la verifica della conformità deve essere fatta in modo globale, e non si può considerare una sanatoria parziale. Anche se la domanda riguardava solo alcune modifiche, l'intervento doveva essere valutato nel suo complesso, per verificare la conformità alle normative.
Non si può scindere l’intervento e concedere la sanatoria per alcune parti mentre si esclude il resto. La doppia conformità doveva essere verificata per l’intero intervento, visto che il progetto complessivo mirava a rendere abitabile il sottotetto.
La valutazione complessiva dell’intervento
Alla luce di queste considerazioni, il Consiglio di Stato ha confermato la decisione del Tribunale Amministrativo Regionale (TAR), che aveva respinto il ricorso contro il diniego della sanatoria. I giudici di Palazzo Spada hanno ribadito che, anche se si considerassero separatamente i vari lavori, questi rientrerebbero comunque nella categoria della ristrutturazione edilizia, che nella zona A era vietata dal piano urbanistico comunale.
Pertanto, anche se la domanda di sanatoria riguardava solo alcune modifiche, l’intervento complessivo non poteva essere considerato conforme alle normative. Di conseguenza, il permesso in sanatoria non poteva essere concesso.

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