Pubblicato il: 14/11/2024

Il decreto anti-infrazioni (D.L. 131/2024) è diventato legge, portando con sé rilevanti modifiche sulla disciplina dei contratti a tempo determinato, sia nel settore pubblico sia in quello privato. In particolare, nel settore privato, si torna a risarcimenti potenzialmente illimitati a carico delle imprese, nei casi in cui i contratti a termine siano dichiarati illegittimi e convertiti dal giudice in contratti a tempo indeterminato. Per la Pubblica Amministrazione, il limite massimo dei risarcimenti per abuso di contratti a termine è innalzato a 24 mesi.

Con riferimento al lavoro privato, è stata riscritta la disposizione di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 28 del D. lgs. 15 giugno 2015, n. 81 (D.Lgs. n. 81 del 2015), ossia uno dei principali decreti attuativi del Jobs Act. In questo modo, il legislatore consente al lavoratore di ottenere un risarcimento superiore alle 12 mensilità di retribuzione, che ad oggi costituiscono il limite massimo del risarcimento ottenibile. Il lavoratore, però, dovrà dimostrare di aver subito un “maggior danno” a causa dell’illegittimo prolungamento dei contratti a termine.

Si tratta di un intervento piuttosto rilevante e oggetto di forti contestazioni da parte degli esperti di diritto del lavoro. Per comprendere le preoccupazioni di tale categoria e le effettive implicazioni della riforma in commento, è opportuno ricostruire brevemente gli interventi legislativi avvenuti fino ad oggi.
Nel 2015, al fine di evitare il sorgere di lunghi contenziosi e comportamenti opportunistici, il legislatore aveva ragionevolmente stabilito due regole.
La prima prevedeva che il giudice, nel caso di conversione del rapporto da tempo determinato a indeterminato, potesse riconoscere un'indennità onnicomprensiva, tra un minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità dell'ultima retribuzione del lavoratore.
La seconda prevedeva una riduzione del risarcimento della metà in presenza di specifiche previsioni dei Contratti collettivi nazionali.

L’Unione Europea, però, ha ritenuto che la previsione di un limite massimo per i risarcimenti (oltre alla conversione del contratto da determinato a indeterminato) non costituisse un adeguato deterrente contro comportamenti illegittimi da parte del datore di lavoro e, pertanto, ha qualificato tale normativa come insufficiente a tutelare i lavoratori.
Per adeguarsi quindi alle contestazioni comunitarie, il legislatore ha introdotto il decreto anti-infrazioni, che ha modificato i commi 2 e 3 del citato art. 28 del D.Lgs. 81/2015, eliminando il principio di mitigazione previsto dal comma 3 e aprendo, con la revisione del comma 2, alla possibilità di risarcimenti illimitati. Il lavoratore, infatti, potrà adesso richiedere il risarcimento per il danno maggiore, senza però il precedente limite delle 12 mensilità e con l'onere di provare tale danno. Si torna così alla situazione caotica precedente al 2015, quando i contenziosi si protraevano per massimizzare gli indennizzi.

Il decreto anti-infrazioni agisce anche sul settore pubblico, modificando le sanzioni per il ricorso abusivo ai contratti a termine. Dopo le riforme Brunetta e Madia, viene rivisitato l'art. 36 del T.U.P.I.. La nuova disposizione prevede che, nel caso di danno dovuto all’abuso nella successione di contratti a termine e salvo il diritto del lavoratore di dimostrare un danno maggiore, il giudice determini un’indennità tra un minimo di quattro e un massimo di ventiquattro mensilità, calcolata sulla base dell'ultima retribuzione utile per il calcolo del trattamento di fine rapporto. Questo risarcimento tiene conto della gravità della violazione, del numero di contratti in successione e della durata complessiva del rapporto. Per altre violazioni relative ai contratti flessibili, si continua a prevedere il risarcimento del “danno innominato” stabilito dalla giurisprudenza.


Vai alla Fonte

Di

WP Radio
WP Radio
OFFLINE LIVE