Pubblicato il: 12/11/2024
Con l'arrivo dell'inverno, molti proprietari di immobili in condominio valutano il distacco dall'impianto di riscaldamento centralizzato, per risparmiare sui costi crescenti e ottenere maggiore flessibilità nell'uso della caldaia.
La riforma del condominio del 2012, tramite l'articolo 1118 del codice civile, permette al singolo condomino di distaccarsi, a condizione che vengano rispettate specifiche regole. La Corte di Cassazione, con le sentenze n. 11815/2020 e n. 26185/2023, ne ha confermato la possibilità, definendo i limiti di validità.
Rimane oggetto di dibattito la questione delle spese di gestione per il condomino distaccato e la validità di eventuali clausole del regolamento condominiale che vietino tale distacco, alimentando spesso conflitti tra condomini.
Il dibattito condominiale si complica ulteriormente per la questione delle spese comuni, poiché – anche se un condominio si distacca dall'impianto centralizzato – potrebbe essere richiesto di contribuire a determinati costi di manutenzione o gestione, specialmente se questi garantiscono il funzionamento generale dell'edificio.
I regolamenti condominiali, inoltre, possono contenere clausole che vietano il distacco o lo limitano, sollevando dubbi sulla loro legittimità.
Andiamo a trattare nel dettaglio la questione, chiarendo cosa stabiliscono la normativa e la giurisprudenza.
Condizioni per il distacco: cosa dice la legge
L' art. 1118 c.c. stabilisce le condizioni che permettono, a un condomino, di rinunciare all'impianto di riscaldamento centralizzato e installare un impianto autonomo. Per il distacco, devono essere rispettati i seguenti requisiti:
- assenza di squilibri nell’impianto: l'intervento non deve alterare il corretto funzionamento del sistema centralizzato;
- nessun aggravio di spese: i costi per gli altri condomini non devono aumentare;
- nessun danno agli altri: il distacco non deve arrecare alcun danno alle proprietà altrui.
Questi criteri sono stati confermati da diverse sentenze della Corte di Cassazione, come la n. 11815 del 2020 e la n. 26185 del 2023, che chiariscono come la facoltà di distacco sia legittima solo se non comporta conseguenze negative per la collettività condominiale.
Prima di effettuare il distacco, è essenziale che il condomino interessato richieda una perizia tecnica. Questa perizia, redatta da un professionista qualificato, serve a dimostrare che il distacco non causerà squilibri o costi aggiuntivi per gli altri condomini. Senza di essa, non si può procedere al distacco e l'assemblea condominiale avrà l'ultima parola sulla decisione.
Cosa deve contenere la perizia? La perizia deve attestare con certezza che:
- l'intervento non causerà guasti o malfunzionamenti all'impianto centrale;
- non vi sarà un aumento delle spese per gli altri residenti.
Questo documento è tra gli oneri probatori a carico del condomino e rappresenta una garanzia per gli altri proprietari.
Se la perizia conferma che non ci saranno conseguenze negative, il condomino deve comunque informare l'amministratore del condominio. Questo tipo di intervento, anche se riguarda una proprietà privata, deve essere comunicato per garantire che non influisca sulla sicurezza o stabilità delle parti comuni dell'edificio.
Ruolo dell'assemblea condominiale
Se non ci sono sufficienti prove che il distacco non avrà effetti negativi, l'assemblea condominiale sarà chiamata a decidere. Se l'intervento comporta evidenti squilibri o un aumento delle spese, l'approvazione dell'assemblea è indispensabile. In questo caso, la decisione deve essere presa a maggioranza, con la partecipazione di almeno metà dei millesimi dell'edificio. Qualora il distacco comporti danni o aumenti di spesa per gli altri condomini, l'assemblea ha il diritto di respingere la richiesta.
Obblighi dopo il distacco: installazione dell'impianto autonomo
Dopo essersi scollegato dall'impianto centralizzato, il condomino è obbligato a installare un impianto autonomo. Questo passaggio è fondamentale per evitare di usufruire involontariamente del calore prodotto dall'impianto centrale, situazione che potrebbe gravare sui costi degli altri condomini.
La Corte di Cassazione, nella sentenza del 2023, ha ribadito l'importanza di questa installazione per evitare situazioni di vantaggio indebito.
Contributi e spese residue
Anche se il condomino distaccato non partecipa più alle spese di consumo, alcune spese restano a suo carico:
- manutenzione straordinaria dell’impianto: adeguamenti per la sicurezza o interventi significativi;
- conservazione e messa a norma: costi per mantenere l'impianto funzionante e conforme alle normative.
Secondo l’art. 1117 c.c., l'impianto di riscaldamento centralizzato è considerato una parte comune e il condomino distaccato ha comunque l'obbligo di contribuire a queste spese.
La legge prevede, inoltre, che il condomino distaccato partecipi anche ai cosiddetti consumi involontari. Questi includono il calore che il condominio riceve dalle parti comuni, come gli androni. L'assemblea può stabilire una quota fissa per questi consumi, poiché non possono essere misurati con precisione.
Insomma, considerando tutte le spese che devono comunque essere affrontate, probabilmente non conviene chiedere il distacco dal riscaldamento centralizzato, se l'intenzione è quella di risparmiare.
Clausole del regolamento condominiale: limiti e validità
Secondo la Corte di Cassazione, qualsiasi clausola del regolamento condominiale che vieti il distacco è nulla, anche se contenuta in un regolamento contrattuale. Un divieto di questo tipo violerebbe il diritto del singolo condomino di gestire la propria unità abitativa.
Una delibera che imponga spese di consumo al condomino distaccato è anch'essa illegittima. L'art. 1138 c.c. vieta i regolamenti che limitano i diritti fondamentali dei condomini.
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