Pubblicato il: 31/10/2024
Se è vero che il cappotto termico comporta indubbi vantaggi, come risparmio e riqualificazione energetica, un miglior comfort abitativo e la valorizzazione dell'immobile, è però altrettanto vero che, talvolta, qualche brutta sorpresa può essere dietro l'angolo. Ne sa qualcosa un proprietario che, recentemente, è stato condannato a demolire le opere edilizie effettuate nel suo villino nei pressi di Roma.
Lo ha stabilito la sentenza n. 17984 del Tar Lazio, provvedimento che altresì coglie l'occasione per ricordare il rilievo delle norme e dei vincoli territoriali, con particolare riferimento a quelli di natura paesaggistica e ambientale, gravanti su tutti coloro che vogliono svolgere interventi edilizi.
L'uomo aveva rivestito con pietra locale le facciate dell'immobile (in precedenza intonacate), alterandone in modo evidente l'aspetto originale e aumentandone il volume. L'intervento, secondo il Comune, aveva altresì condotto alla arbitraria modifica e violazione delle distanze dai confini, oltre alla modifica non autorizzata della lunghezza dei prospetti, causata dall'ispessimento del fabbricato.
Da parte dell'ente locale veniva rilevato anche il mutamento della destinazione d'uso dei vani nel piano interrato, contestandosi inoltre che – nel vano cantina – era stata riscontrata la presenza di mobilio e di un angolo cottura, inserito senza alcuna autorizzazione. In estrema sintesi, l'installazione del cappotto termico aveva determinato l'arbitrario mutamento delle dimensioni dell'immobile e dello stato dei luoghi.
Di ciò è stato offerto dettaglio grazie ai rilievi formulati dai tecnici comunali, con relazione ad hoc redatta al termine di un sopralluogo in area plurivincolata. Alla luce delle irregolarità e degli abusi emersi, tali da integrare la violazione dei vincoli territoriali e delle normative urbanistiche e paesaggistiche, ne è scaturita un'ordinanza di demolizione dei manufatti abusivi, a cui il proprietario ha risposto con un ricorso al Tar finalizzato al suo annullamento. L'ordinanza – tutelando specifici interessi pubblici – imponeva la c.d. rimessione in pristino dello stato dei luoghi.
Ebbene, con la citata sentenza n. 17984/2024, il Tar Lazio ha confermato la bontà della motivazione offerta dal Comune che ha emesso l'ordinanza ingiunzione contro il proprietario, in quanto – con il cappotto termico – si era palesata una modifica non autorizzata dello stato dei luoghi (variazione dei prospetti e aumento di volume). Il giudice amministrativo ha così condannato l'uomo ad abbattere i manufatti realizzati abusivamente, perché in contrasto con le norme vigenti in un'area plurivincolata e senza previa autorizzazione o nulla osta.
Concludendo, la vicenda rappresenta una sorta di avvertimento per tutti coloro che vogliono svolgere opere di ristrutturazione. Prima di agire è essenziale rivolgersi a professionisti competenti e ottenere tutte le autorizzazioni necessarie, in modo da non rischiare di cadere nell'abuso e subire le sanzioni demolitorie emesse dal Comune.
Vai alla Fonte