Pubblicato il: 18/11/2024
Tra proprietario e inquilino il contratto di locazione stabilisce precisi diritti e doveri. Tra questi ultimi abbiamo – come è noto – il pagamento del canone in base a scadenze prestabilite. La somma rappresenta il compenso economico che l'affittuario, o meglio il conduttore, versa al proprietario per l'uso e la disponibilità dell'immobile, per il mancato utilizzo da parte dello stesso titolare del diritto di proprietà e per coprire i costi gravanti su quest'ultimo (ad esempio quelli in materia di Imu o quelli legati alla opere di manutenzione straordinaria). Pagare il canone significa, perciò, rispettare le condizioni contrattuali e non esporsi al rischio dello sfratto per morosità.
Ebbene, al di là di quanto fissato nel contratto di affitto – e il canone è un elemento essenziale che lo sostanzia e lo definisce – forse non tutti sanno che, in taluni casi, è possibile avere indietro i soldi dell'affitto già pagato. Proprio così: vi sono situazioni in cui la legge consente all'inquilino o affittuario di rivolgersi alla giustizia, per far imporre la restituzione delle quote di canone già pagate al proprietario.
La restituzione è possibile quando il contratto di locazione sia nullo o sia stato violato. Ma vediamo più nel dettaglio le singole situazioni che qui interessano, sulla scorta delle indicazioni di legge e giurisprudenza.
Anzitutto, se la casa ha gravi problemi che impediscono l'uso concordato in contratto (ad esempio infiltrazioni d'acqua, problemi strutturali), l'inquilino – in primis tramite una diffida (per lettera raccomandata A/R o PEC) – può chiedere la restituzione delle somme pagate, se i problemi erano preesistenti e il proprietario non li ha resi noti al momento della stipula del contratto. Sarà però auspicabile documentare le condizioni, con prove dello stato dell'immobile (foto, video), insieme alla conservazione dei pagamenti effettuati. Ciò permetterà di consolidare la propria richiesta e sarà determinante per ottenere il dovuto, in ipotesi di disputa giudiziaria con il proprietario.
Anche in caso di canone di importo più alto, rispetto a quello indicato nel testo del contratto registrato, l'affittuario può tutelarsi. Il proprietario, infatti, non può esigere un incremento della somma (tranne il normale adeguamento all’Istat e sempre che ciò sia previsto in contratto), non potendolo richiedere neanche per l'eventuale esecuzione di migliorie nell'appartamento, tali da innalzare il suo valore. Infatti, in materia, vale il principio per cui tutto ciò che non è indicato nel contratto di locazione non deve essere pagato e, se pagato, va restituito. Ecco perché legge e giurisprudenza riconoscono il diritto all’inquilino di farsi restituire il canone.
In verità non accade di rado che un inquilino fin troppo ligio ai suoi obblighi, o particolarmente desideroso di restare nell'abitazione, decida di versare anche la differenza rispetto alla cifra pattuita nel contratto registrato. Tuttavia, come accennato, le norme in materia garantiscono la possibilità di un dietrofront e di richiedere la restituzione delle differenze non dovute per contratto. Attenzione però: per legge gli inquilini dovranno intraprendere le vie legali entro un semestre dalla data in cui è effettuato il rilascio dell'immobile. Sarà necessario attivarsi con una diffida e munirsi del materiale idoneo a costituire la prova di quanto richiesto (tramite i pagamenti tracciabili come il bonifico bancario, ad esempio).
Non solo. Il contratto di affitto non registrato, e quindi non "formalizzato" dal proprietario presso l'Agenzia delle Entrate, giustifica la restituzione di ogni canone versato. La Cassazione è ferma nel proprio indirizzo: in ipotesi di c.d. affitto in nero, perché tenuto nascosto agli occhi del Fisco, l’inquilino può chiedere il rimborso di tutti gli importi già pagati per la durata del contratto, pur con l'utilizzo dell’appartamento. Il contratto non registrato è, infatti, da ritenersi nullo e privo di effetto.
Ricordiamo infine che, al termine del periodo di locazione, il deposito cauzionale – se pattuito in origine dalle parti – deve essere restituito all'inquilino. In materia la giurisprudenza è consolidata: per poter legittimamente trattenere il deposito cauzionale e coprire eventuali importi rimasti impagati o specifici danni, il locatore è, infatti, obbligato a promuovere un giudizio ad hoc (cfr. Cassazione Civile, ordinanza del 5 gennaio 2023, n. 194).
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