Pubblicato il: 13/11/2024
Quando, nel periodo di assenza per malattia, il lavoratore può fare attività fisica?
Una risposta viene data dalla Corte di Cassazione, con la recente ordinanza n. 23852/2024.
La vicenda analizzata dalla Corte riguarda un lavoratore licenziato per aver preso parte, durante un periodo di malattia, a una partita di calcio in un campionato regionale.
Il punto centrale è che, ad avviso del datore, questo comportamento del dipendente ha violato i doveri di correttezza, lealtà e diligenza che devono caratterizzare un rapporto di lavoro.
Il lavoratore prima ha impugnato il licenziamento presso il Tribunale, il quale però ha dichiarato la legittimità della sanzione disciplinare.
Poi, il dipendente si è rivolto alla Corte d’Appello, la quale ha confermato la sentenza del Tribunale, ritenendo che la condotta contestata al lavoratore rientrasse nella fattispecie disciplinare prevista dall’art. 45, n. 2 del Regio Decreto n. 148 del 1931, il quale prevede il licenziamento per chi adopera artifici per procurarsi vantaggi indebiti, sebbene non ne siano derivati inconvenienti di servizio.
Nel caso di specie, secondo la Corte d’Appello, la condotta del lavoratore è di tipo artificioso perché tale comportamento è diretto, attraverso la simulazione di uno stato di malattia, non solo all’assenza dal lavoro, ma anche al vantaggio indebito della partecipazione in orario di lavoro a una partita di calcio già programmata (quindi, un’attività che comporta uno sforzo fisico gravoso).
Dunque, si può fare sport durante la malattia?
La Cassazione stabilisce che, per la sospensione dell’attività lavorativa, sono rilevanti i casi in cui la malattia abbia determinato una concreta ed attuale – anche se transitoria – incapacità al lavoro del dipendente.
Da un lato, anche qualora la malattia comprometta la possibilità di svolgere quella determinata prestazione che è oggetto del rapporto di lavoro, potrebbe comunque accadere che le residue capacità psico-fisiche possano consentire al dipendente di compiere altre e diverse attività. Dall’altro lato, la Suprema Corte ha anche precisato che il compimento di altre attività da parte del lavoratore in malattia potrebbe giustificare il licenziamento per violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede e degli specifichi obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà.
Quando si può rischiare il licenziamento?
Questo può accadere nel caso di fraudolenta simulazione della malattia (che si potrebbe presumere nell’ipotesi in cui la diversa attività accertata sia, di per sé, sufficiente a far presumere l’inesistenza della malattia).
Ancora, potrebbe esserci pericolo di licenziamento anche quando, in relazione alla natura e alle caratteristiche dell’infermità denunciata e alle mansioni lavorative svolte, la diversa attività contestata sia idonea a pregiudicare il recupero delle normali energie psico-fisiche.
Tuttavia, la Corte di Cassazione precisa che la verifica dell’inadempienza – idonea a legittimare il licenziamento – si risolve in un giudizio di fatto che è riservato al giudice di merito. Infatti, la valutazione della gravità e proporzionalità della condotta rientra nell’attività valutativa del giudice di merito, il quale dovrà tenere conto di tutte le circostanze, di natura oggettiva e soggettiva, del caso concreto.
Nel caso specifico, la Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la decisione della Corte d’Appello e riaffermando la legittimità del licenziamento.
In conclusione, praticare un’attività sportiva può legittimare il licenziamento per giusta causa, quando tale attività sia incompatibile con la malattia per la quale si è assenti dal lavoro. Infatti, in questi casi, il comportamento del lavoratore lede i doveri di fedeltà, correttezza e buona fede verso il datore e ciò può giustificare la formulazione di una sanzione disciplinare e, nei casi più gravi, il licenziamento.
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