Pubblicato il: 05/11/2024

Arrivare in ritardo al lavoro è qualcosa che può capitare a chiunque e, di solito, con una giustificazione al datore di lavoro si riesce a risolvere la situazione senza conseguenze. Tuttavia, in alcuni settori dove la puntualità è fondamentale, anche un semplice ritardo può avere ripercussioni serie, fino al licenziamento.
Recentemente, la Corte di Cassazione ha affrontato questa tematica con l'ordinanza n. 26770 del 2024, confermando che un ritardo di 40 minuti di una guardia giurata è sufficiente per giustificare il licenziamento, evidenziando i rischi associati alla mancanza di puntualità in ambiti critici.
Il caso della guardia giurata
La storia ha come protagonista un vigilante impiegato in una banca, il quale, presentandosi in ritardo di circa 40 minuti, ha compromesso il servizio di vigilanza. Questa situazione ha esposto l'istituto di credito a potenziali minacce per la sicurezza, creando un ambiente di lavoro insicuro.
Dopo essere stato licenziato, il lavoratore ha deciso di impugnare la sanzione in Tribunale. Inizialmente, il giudice di primo grado ha annullato il licenziamento, ma in appello la situazione è cambiata: la Corte d'Appello ha ritenuto legittimo il licenziamento per giusta causa, considerando la gravità del comportamento del vigilante.
La valutazione della Corte d'Appello
Durante il processo di appello, è emerso chiaramente che il servizio di vigilanza richiede un'assidua presenza e puntualità. A differenza del primo giudice, che aveva sottovalutato il ritardo, la Corte d'Appello ha sottolineato che l'assenza del vigilante per 40 minuti poteva rappresentare un serio rischio per la sicurezza delle persone e dei beni.
La causa del ritardo è stata identificata in una disattenzione: il vigilante non aveva letto correttamente un SMS che comunicava un cambiamento nel turno di lavoro. Questa negligenza avrebbe potuto portare a conseguenze sulla sicurezza della banca.
La Corte d’Appello ha sottolineato come la prova presentata dal datore sia stata sufficiente per dimostrare che il vigilante non ha rispettato l'obbligo di diligenza, come previsto dall’art. 1175 del c.c. e dall’art. 1375 del c.c.. Tali norme stabiliscono che è necessario agire con correttezza e buona fede, e sono applicabili anche nei rapporti lavorativi.
Il lavoratore ha ammesso di aver ricevuto il messaggio, ma ha spiegato di non averlo letto con attenzione. Ha scoperto il cambiamento solo dopo aver contattato la centrale operativa: ciò ha portato al ritardo che ha messo a rischio la sicurezza della banca. La Corte d’Appello ha, quindi, considerato il ritardo come un'inadempienza grave.
Un elemento cruciale – nel valutare il licenziamento – è stato il fatto che il vigilante aveva già subito sanzioni disciplinari in precedenza. Questi precedenti hanno minato la fiducia tra il lavoratore e il datore di lavoro, portando alla conclusione che la continuazione del rapporto di lavoro non fosse più praticabile in modo sereno e affidabile.
La reazione del lavoratore e la decisione finale
Il vigilante, non soddisfatto della decisione, ha presentato ricorso alla Cassazione, sostenendo che la sanzione era eccessiva e che il contratto collettivo non prevedeva il licenziamento per ritardi di lievi entità.
Tuttavia, i giudici della Cassazione hanno confermato la decisione della Corte d'Appello, chiarendo che le motivazioni del licenziamento non devono necessariamente allinearsi con le disposizioni del contratto collettivo.
La Cassazione ha evidenziato che ogni situazione deve essere valutata sulla base delle conseguenze comportamentali e della gravità del danno potenziale, piuttosto che della violazione delle sole norme contrattuali.

Conseguenze per i lavoratori in settori critici
Questa ordinanza rappresenta un avviso importante per i lavoratori dipendenti in settori aziendali dove la puntualità è fondamentale, come nel caso della vigilanza.
L'ordinanza n. 26770/2024 sottolinea che un ritardo dovuto a una grave disattenzione – il quale può compromettere la sicurezza di beni o persone – può portare al licenziamento, indipendentemente dalle specifiche disposizioni contrattuali.

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