Pubblicato il: 16/11/2024

Spesso i proprietari di immobili, prima di decidere di affittare il proprio appartamento, si pongono alcuni interrogativi in ordine ad eventuali restrizioni da parte del regolamento condominiale. In alcuni casi, infatti, nei regolamenti di condominio sono contenute alcune limitazioni agli affitti, al fine di tutelare la tranquillità anche degli altri condomini, specialmente con riferimento agli affitti brevi, dove si scontrano le esigenze dei proprietari – che vogliono ottenere un profitto dai propri immobili – e quelle degli altri proprietari, che devono tollerare l’ingresso e l’uscita costante di persone dal condominio.
Innanzitutto, va detto che il proprietario di un’unità abitativa è libero di affittarla senza dover chiedere il consenso del condominio. Tale libertà si estende sia ai contratti di locazione abitativa, come stabilito dalla Legge sulle locazioni abitative, la quale disciplina i contratti liberi di 4+4 anni, i contratti a canone concordato di 3+2 anni e i contratti transitori e per studenti universitari, sia ai contratti per uso non abitativo disciplinati dalla Legge equo canone, come quelli per attività commerciali o alberghiere.

In ogni caso, il proprietario dell’immobile è tenuto ad effettuare alcune verifiche preliminari, soprattutto riguardo alla destinazione d’uso. Infatti, se l’immobile è destinato a uso abitativo, trasformarlo in uso diverso (ad esempio in un ufficio) richiede una variazione catastale o un cambio della destinazione d’uso urbanistica.
Inoltre, è sempre necessario esaminare preventivamente il regolamento condominiale, il quale si differenzia in due tipologie: contrattuale o assembleare.
La prima tipologia di regolamento è generalmente redatta dall’originario proprietario dell'intero edificio. Questo regolamento viene menzionato esplicitamente nei contratti di acquisto delle varie unità immobiliari e ogni condomino vi aderisce nel momento in cui finalizza l'acquisto. Si parla di regolamento convenzionale anche quando viene adottato con l'accordo unanime di tutti i condomini durante l'assemblea o sottoscritto da ciascuno di essi.
Questo tipo di regolamento è vincolante non solo per tutti i condomini attuali, ma anche per coloro che acquistano successivamente. Poiché può includere restrizioni riguardanti le proprietà esclusive, è fondamentale che l'acquirente lo accetti in forma scritta e senza alcuna ambiguità.

Il regolamento assembleare, invece, viene approvato dall’assemblea condominiale con una maggioranza, sia in termini di voti che in valore dell’immobile, in conformità al comma 3 dell’art. 1138 del c.c.. Qualsiasi condomino può proporre l’adozione del regolamento, rivolgendosi all’amministratore, il quale avrà l’obbligo di convocare l’assemblea per la relativa votazione.
Una volta approvato, tale regolamento diventa vincolante per tutti i condomini, allo stesso modo di una delibera assembleare. Tuttavia, il suo contenuto è più limitato rispetto a un regolamento contrattuale, poiché non può influire:

  • sui diritti dei condomini;
  • sulle aree comuni;
  • sulle parti di proprietà esclusiva.
In sintesi, il regolamento assembleare si limita a stabilire norme che regolano l’utilizzo e la fruizione delle aree comuni, la suddivisione delle spese e la conservazione del decoro architettonico. Approvato a maggioranza, esso può disciplinare l’uso delle parti comuni, a condizione che sia garantito un uguale accesso a tutti i condomini.

In sostanza, sebbene il proprietario di un appartamento sia libero di affittarlo, deve considerare eventuali restrizioni previste dal regolamento condominiale e verificare che l’uso dichiarato nel contratto sia conforme alla destinazione d’uso dell’immobile.
In presenza di un regolamento condominiale contrattuale, il proprietario è tenuto a verificarne le clausole per accertarsi che non vi siano vincoli sull’uso delle unità. Qualora fossero previsti divieti specifici, egli dovrà limitare la locazione alle attività permesse.

La Cassazione, con la sentenza n. 11859 del 27 maggio 2011, ha stabilito che il condominio può chiedere la cessazione di un uso improprio dell’immobile sia al locatore che all’inquilino, qualora essi violino le limitazioni previste dal regolamento. Il proprietario è, inoltre, obbligato a sfrattare l’inquilino che destina l’immobile a usi vietati, viola gli orari del silenzio o disturba i vicini. In mancanza di interventi da parte del locatore, il condominio può citarlo per ottenere il risarcimento dei danni.
In base alla giurisprudenza della Cassazione, il proprietario è chiamato a rispondere di eventuali violazioni del regolamento condominiale da parte del conduttore, a meno che non dimostri di aver preso le misure opportune, come previsto dall’art. 1176 del c.c., per interrompere tali abusi. Tali misure possono includere la richiesta di una risoluzione anticipata del contratto.
Pertanto, prima di affittare l’immobile, è opportuno aggiungere una clausola nel contratto che preveda l’accettazione del regolamento condominiale da parte dell’inquilino, allegandolo al documento stesso. In questo modo, si evita il sorgere di eventuali conflitti con il condominio e si rendono edotte entrambe le parti delle regole da rispettare.

Quanto poi alle spese condominiali, la locazione di un appartamento, anche con contratti brevi (inferiori a 30 giorni), non comporta una revisione delle tabelle millesimali, né un aumento delle spese comuni a carico del locatore, salvo prova contraria.
Al riguardo, il Tribunale di Roma, con sentenza 1271/2024, ha affermato che “è notorio ed evidente che un immobile destinato ad attività ricettizia sia frequentato da tanti e sempre diversi utilizzatori, con un utilizzo delle parti comuni e dell’ascensore, sicuramente maggiore di quello di un immobile ad uso abitazione privata, tanto che molti regolamenti di condominio vietano lo svolgimento di tali attività. Tale maggiore utilizzo ha comportato nel condominio convenuto sporcizia delle scale e dell’androne, ripetuti blocchi dell’ascensore ai piani in cui sono ubicate le unità immobiliari in questione, con conseguente forte aumento degli interventi manutentivi e delle relative spese”, come emerso – nel caso di specie – dalle numerose fatture per la pulizia e la manutenzione ordinaria e straordinaria dell’ascensore. È evidente quindi che, in un caso del genere, il locatore dovrebbe farsi carico di maggiori oneri economici, visto che l’aumento delle spese condominiali è, per la gran parte, riconducibile alle attività ricettive da lui gestite.


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