Panorama Panorama

  • Video TV | La creatività si scatena a Shanghai. Le premiazioni in diretta
    by Redazione Panorama on 23 Novembre 2024 at 8:00

    Quest’anno, IDI affronta il tema “Manufacturing Value- Inclusiveness, Innovation, and Sustainability ” , concentrandosi sulla crescente importanza del design sostenibile, inclusivo e lungimirante nel plasmare il futuro. Innanzitutto, in questa edizione IDI accoglie con orgoglio due designer italiani iconici:Aldo Cibic, rinomato designer e cofondatore del Gruppo Memphis, che torna a IDI 2024 nel ruolo di Direttore Artistico. Con il suo ricco bagaglio di esperienze e la sua filosofia visionaria, Cibic porterà nuova intensità e varietà all’esposizione di quest’anno.Aldo Cingolani, figura celebre nel design italiano, noto per la sua maestria nel combinare l’artigianato tradizionale con la tecnologia all’avanguardia. In qualità di responsabile di Bertone Design e New Crazy Colors (NCC) e fondatore del Gruppo Bertone, l’approccio innovativo di Cingolani ha dato forma a numerosi progetti di riferimento del settore. Attraverso questa preziosa collaborazione, i due “Aldo” sono pronti a elevare la mostra di quest’anno con ancora più energia creativa e design all’avanguardia.IDI 2024, inoltre, sarà caratterizzata da una lineup stellare di aziende iconiche italiane che esporranno una vasta gamma di settori rappresentativi dell’eccellenza del Made in Italy. Tra queste vi sono Bertone Design NCC, Bialetti, Casappa, Dainese, Ducati, Fil Man Made Group, Goglio, iGuzzini, Illy, Itema, L.G.L. Electronics, Magniflex, Marposs, Maserati, Piaggio, Pininfarina, Pirelli, Ponzini, SAES Getters e UFI.L’esposizione spazierà dai settori manifatturiero e tessile all’automotive e al packaging, sottolineando la sostenibilità e l’influenza globale del design italiano.

  • La Germania ha perso la stabilità
    by Daniel Mosseri on 23 Novembre 2024 at 6:00

    Olaf Scholz è arrivato a fine corsa. Il governo del cancelliere socialdemocratico tedesco è entrato in crisi proprio nelle ore in cui Donald Trump veniva rieletto presidente degli Stati Uniti. Per un’amministrazione americana in via di formazione ce n’è una tedesca in via di smantellamento. Con la cacciata dei liberali contrari a nuove spese in deficit, la coalizione «semaforo» non ha più la maggioranza al Bundestag e le opposizioni hanno spinto per elezioni anticipate in tempi rapidi. Le hanno chieste sia i cristiano democratici di Friedrich Merz sia i sovranisti di destra di AfD, formazioni con il vento in poppa. Ma anche il Bsw, il partito socialista e nazionalista fondato da Sahra Wagenknecht, già capogruppo dei social-comunisti della Linke. A picco nei sondaggi, i socialdemocratici non hanno invece fretta di tornare dagli elettori. Un assist inatteso al capo del governo è arrivato dalla signora Ruth Brand, presidente dell’Ufficio federale di statistica e massimo funzionario elettorale della Germania. Caduto il governo, Brand ha fatto sapere che ci sarebbero «rischi elevati che la pietra miliare della democrazia», ossia il processo elettorale, «e la fiducia nell’integrità delle elezioni possano essere violate», in caso di un ritorno accelerato alle urne. E che, complici le intoccabili vacanze di Natale, forse sarebbe mancata la carta per le schede, ha aggiunto subito tacciata dalle opposizioni di lavorare per la Spd mentre gli industriali della carta smentivano le sue parole.Brand ha esagerato, hanno scritto in tanti, ricordandole che la Germania è la quarta economia globale – e la prima in Europa – che i tedeschi hanno fama di essere grandi organizzatori. La cronaca recente però è dalla parte della funzionaria «disfattista»: a settembre 2021 si erano celebrate le legislative in tutta la Germania e le regionali a Berlino. A causa di una serie di irregolarità (schede mancanti o sbagliate, file senza fine e seggi aperti al di fuori dell’orario stabilito) le regionali furono annullate e ripetute a febbraio (dando alla capitale il primo sindaco non «rosso» in 22 anni) mentre un altro mezzo milione di berlinesi dovette tornare al voto anche a febbraio 2024 per una replica parziale delle legislative. Alla mestizia del dibattito sulla presunta incapacità della nazione di predisporre consultazioni a breve ha messo poi fine lo stesso Scholz: si è detto pronto ad affrontare un voto di (s)fiducia in tempi brevi ed elezioni anticipate il prossimo 23 febbraio, ma la discussione segnala che la Germania ha smesso di credere in sé stessa.Nel Paese resta comunque diffusa la delusione per la fine della prima coalizione a tre nella sua storia. Per oltre due anni i partiti hanno litigato sulla gestione dell’economia e oggi i sondaggi sono impietosi. Secondo una rilevazione Insa per il tabloid Bild del 10 novembre, l’Spd del cancelliere avrebbe appena il 15 per cento dei consensi; meno della metà del 32 per cento attribuito alla Cdu/Csu di Merz e quattro punti meno di AfD, ormai secondo partito in Germania. Molto ridimensionati anche i verdi al 10 per cento mentre la new entry, il partito Bsw, sarebbe al 7 per cento. Sotto alla soglia di sbarramento del 5 per cento resterebbero i social-comunisti e i liberali, quest’ultimi puniti per aver provocato la crisi.La Germania, in altre parole, si avvierebbe verso un periodo di maggiore instabilità, dovuto alla presenza di AfD sulla destra e del Bsw a sinistra, due partiti non ritenuti «potabili» dalle altre formazioni storiche perciò obbligate ad alleanze innaturali fra di loro come la coalizione semaforo. Se negli ultimi decenni Germania ha fatto rima con stabilità (Helmut Kohl è stato cancelliere per 16 anni, Gerhard Schröder per oltre sette e Angela Merkel per altri 16), la caduta anticipata del governo Scholz potrebbe essere la prima di una serie destinata a durare fino a un sostanziale riassetto del panorama politico.La Repubblica federale sta però attraversando una fase di ostinata stagnazione delle produzioni e le servirebbe un governo con le idee chiare. Il 30 ottobre, l’Istituto tedesco di studi economici (Diw) ha scritto che il suo barometro economico si è fermato a 85,4 punti, lontano quindi da quota 100, segnale di una crescita media dell’economia. Il terzo trimestre del 2024 è andato un po’ meglio del previsto, osserva il Diw, «ma ciò non dovrebbe ancora innescare un nuovo slancio. Il commercio estero accidentato continua a smorzare notevolmente le prospettive di crescita», ha scritto Geraldine Dany-Knedlik, responsabile Diw delle previsioni e della politica economica. «La domanda di prodotti “Made in Germany” rimarrà debole alla fine dell’anno, perché l’industria di esportazione tedesca beneficia a malapena della ripresa economica in altre nazioni industrializzate». L’arrivo a breve di Trump alla Casa Bianca non promette poi nulla di buono. Per Moritz Schularick, direttore dell’Istituto di economia globale di Kiel (Ifw) la sua vittoria corrisponde «all’inizio del momento economico più difficile nella storia della Repubblica federale tedesca. Oltre alla crisi strutturale interna, il Paese si trova ora ad affrontare massicce sfide di politica commerciale e di sicurezza estera per le quali non siamo preparati». Timori avventati? Forse, ma nel 2023 gli Stati Uniti si sono confermati primo paese per l’export tedesco per il nono anno consecutivo assorbendo beni e servizi per 158 miliardi di euro pari al 10 per cento dell’export della Repubblica federale. I tedeschi hanno invece importato dagli Stati Uniti solo per 94,7 miliardi chiudendo l’anno con un surplus per 63,3 miliardi: The Donald vorrà riequilibrare la bilancia. Al di là, poi, dei rischi possibili ci sono i guai correnti: nel primo trimestre dell’anno il Pil è cresciuto dello 0,2 per cento, è calato dello 0,3 nel secondo quarto ed è di nuovo cresciuto dello 0,2 fra luglio e settembre; troppo poco, come spiegato anche dal Diw, per tirare il Paese fuori dalla recessione del 2023 (Pil –0,3 per cento, il peggiore nell’eurozona). A salvare la Germania da guai più grossi è il mercato del lavoro. «Nonostante un numero leggermente crescente di disoccupati, l’occupazione rimane a un livello fortemente elevato». Le ultime relazioni trimestrali delle maggiori case automobilistiche, con fatturato e utili in picchiata, fanno però temere per la tenuta anche della leva occupazionale. Certificando la difficoltà dell’automotive, l’8 novembre l’Ifo di Monaco ha scritto: «Il 44 per cento delle aziende è interessato da una carenza di ordini. L’ultima volta che è stata registrata una cifra così alta è stato nel luglio 2020».L’esecutivo Scholz però non è solo azzoppato: in caso di nuove elezioni lo stesso cancelliere potrebbe lasciare mentre la Spd si affiderebbe al ben più popolare ministro della Difesa Boris Pistorius. Comunque vada per diversi mesi un nuovo governo non ci sarà e difficilmente quello nuovo avrà una maggioranza coesa, tanto più se i Liberali, tradizionale stampella della Cdu, resteranno fuori dal Bundestag. Qualora ce la facessero, un’alleanza Cdu-liberali non arriverebbe comunque al 40 per cento e dovrebbe cercarsi un partner al Bundestag fra verdi e Spd: si rischierebbe allora un nuovo tira e molla tra chi intende stimolare l’economia abbassando le tasse (la Cdu) e chi punta a fornire aiuti a pioggia incentivando, per esempio, l’acquisto di nuove auto (la Spd), magari elettriche per ottenere il supporto anche dei verdi, più amici della rotaia e delle tasse sui carburanti. E poi: politica di rigore o politica di espansione? Emissioni zero subito o transizione ecologica lenta? Più welfare o più difesa? Sostenere le grandi imprese o le Pmi? E infine: aiutare ancora l’Ucraina o ammorbidire l’atteggiamento verso la Russia (per tornare a comprare il suo gas) come chiede un quarto dell’elettorato che vota per AfD e Bsw? Se la Cdu vincerà ma dovrà allearsi con uno o più partiti di sinistra c’è da immaginare che la bilancia penderà, ma solo un poco, dalla parte di politiche liberali. Instabile e indecisa, la Germania, insomma, rischia di perdere un’altra corsa.TUTTE LE NEWS DAL MONDO

  • Scarlett Johansson compie 40 anni: i 5 film più belli
    by Simona Santoni on 22 Novembre 2024 at 19:30

    Scarlett Johansson varca la soglia dei 40 anni, che festeggia il 22 novembre. Alle sue spalle una filmografia già da veterana. Bella e sensuale, l’attrice di New York è riuscita a far sì che la sua avvenenza non venisse prima del suo talento.Tra le muse di Woody Allen, cercata dall’universo Marvel di piroette e salti mortali come dal cinema d’autore, Scarlett ha ricevuto anche il plauso della critica recentemente. Nel 2020 ha avuto una doppia nomination agli Oscar, come miglior attrice protagonista per Storia di un matrimonio e come non protagonista per Jojo Rabbit. Non ha vinto ma… vogliamo dirla tutta? La statuetta da protagonista l’avrebbe meritata molto più lei di Renée Zellweger, discutibile Judy Garland in Judy. Sul set fin da bambina, quando nel 1994 debuttò in Genitori cercasi di Rob Reiner, Scarlett Johansson fin da piccola era determinata a diventare attrice. Il primo ruolo da protagonista a 12 anni, in Manny & Lo (1996). Anche se la prima in cui tutti la ricordiamo è di certo quella dell’adolescente Grace, traumatizzata fisicamente ed emotivamente da un incidente a cavallo, accanto Robert Redford ne L’uomo che sussurrava ai cavalli (1998), diretta dallo stesso Redford. Fu il la a tanti film e ruoli memorabili. Qui ripercorriamo i 5 che ci sono piaciuti di più. Ecco i 5 film più belli con Scarlett Johansson. Storia di un matrimonio (2019) di Noah Baumbach Tanta verità e tanto dolore in Storia di un matrimonio (Marriage story), in un amore naufragato tra recriminazioni, non detti urlati, frustrazioni che divampano. Scarlett Johansson è Nicole, attrice che ha seguito la carriera brillante del marito regista teatrale, recitando per lui, interpretato da Adam Driver. Insieme hanno vissuto tanto, sono cresciuti, hanno avuto un figlio, ma a un certo punto tutto sembra crollare. È il momento del divorzio, che cresce con le sue dinamiche violente e tragiche, quasi incontrollabili, anche se le intenzioni originarie sono quanto più docili e sincere.Johansson è vibrante, in una tagliente tenzone emotiva. Ingiustamente ignorato dai grandi premi, il film ha vinto un Oscar e un Golden Globe assegnato a Laura Dern, nei panni dell’avvocato divorzista, come attrice non protagonista.Dove vederlo in streaming: in abbonamento su Netflix. Lei (2013) di Spike Jonze Chi siamo noi per criticare Joaquin Phoenix per innamorarsi irrimediabilmente di OS 1, virtualissima intelligenza artificiale fatta solo di voce femminile. Anche noi avremmo fatto altrettanto. Perché la voce è quella calda e suadente di Scarlett Johansson. Sì, Scarlett qui non compare in carne e ossa ma il film non avrebbe la stessa forza ammaliante senza la sua voce. Non a caso, indovinate chi ha premiato il Festival Internazionale di Roma: Scarlett Johansson, sì, come migliore interpretazione femminile.Le scenografie futuristiche e calde di Lei (Her), ricche di arancio e tonalità vivaci, con la loro estetica accattivante fanno il resto. Un film dolce e visionario, da vedere.Dove vederlo in streaming: gratis su Chili.Lost in translation – L’amore tradotto (2003) di Sofia CoppolaLost in translation è il titolo che ha lanciato definitivamente Scarlett Johansson come diva internazionale. Un film agrodolce che bilancia umorismo e pathos, una sorta di storia d’amore malinconica a Tokyo. L’attrice interpreta una giovane sposa annoiata, al seguito del marito fotografo sempre assente. Incontra un uomo maturo, anche lui statunitense, star del cinema in declino (lo splendido Bill Murray). È un po’ come trovarsi, stranamente, ma è anche un po’ come perdersi. In un paesaggio alieno, sentimenti ambigui e indecifrabili volteggiano. Oscar per la sceneggiatura a Coppola. Bafta come migliore attrice a Johansson.Dove vederlo in streaming: su Now Tv in abbonamento Premium.Under the skin (2013) di Jonathan GlazerIn una Scozia dalle tonalità ferrigne si muove una Scarlett Johansson dai capelli corvini e dalle labbra carnose e rosse. Aliena sotto pelle umana, è fin troppo semplice per lei sedurre uomini per strada, a bordo del suo furgone, mostrando un’affabilità generosa. Una facile trappola. Segue quindi un misterioso affascinante rito, con lei completamente nuda, che cammina su un pavimento nero a specchio, e il prigioniero di turno risucchiato chissà dove. Sorta di scifi affascinante e oscuro, Under the skin risuona a lungo dentro.The Avengers (2012) di Joss WhedonPrima che l’universo Marvel si popolasse di tante nuove eroine, da Wanda Maximoff a Captain Marvel, è stata la Vedova Nera di Scarlett Johansson a portare un po’ di leggiadria determinata in mezzo a tanto testosterone. E anche se The Avengers è un film corale, con l’Iron Man di Robert Downey Jr. carismatico capociurma, il sesto film del Marvel Cinematic Universe deve il suo roboante successo anche alle abilità di Scarlett e della sua Natasha. Un’avventura caleidoscopica e chiassosa, assolutamente divertente, prima che i film targati Marvel diventassero decisamente troppo numerosi e labirintici. Dove vederlo in streaming: in abbonamento su Disney+.

  • Anche la Romania sceglie gli F-35, ora gli Usa devono accelerare la produzione
    by Sergio Barlocchetti on 22 Novembre 2024 at 19:00

    Altri F-35 voleranno in Europa. Il governo romeno ha infatti confermato, con la firma di una lettera d’offerta e accettazione, l’intenzione di acquistare dagli Stati Uniti altri 32 velivoli di quinta generazione F-35 Lightning II prodotti da Lockheed Martin per un valore di 6,12 miliardi di euro. L’annuncio è stato dato dal primo ministro Marcel Ciolacu, il quale ha sottolineato l’importanza dell’accordo per potenziare le capacità difensive del suo Paese: “Questa decisione rappresenta una tappa fondamentale per la strategia di difesa della Romania e per l’impegno nel voler mantenere una forza militare solida e all’avanguardia”. Secondo dati pubblicati dalla Nato, la spesa romena per la Difesa dovrebbe passare dall’attuale 1,6% del Pil (2023) al 2,5% entro cinque anni. Il tenente generale Mike Schmidt, direttore esecutivo del Joint Program Office dell’F-35, ha dichiarato: “Siamo lieti di accogliere la Romania nel programma F-35, l’integrazione del Lightning II nell’Aeronautica militare rumena andrà a rafforzare in modo significativo le capacità di deterrenza della Nato, assicurando vantaggi strategici, operativi e tattici senza eguali. Il mio ufficio si impegna a consolidare la proficua collaborazione con la Romania, ad assicurare una transizione efficace e a garantire un ampio supporto ai piloti e agli addetti alla manutenzione della forza alleata, mentre procediamo insieme in questo grande progetto.” Bridget Lauderdale, vice presidente di Lockheed-Martin e direttore generale del programma F-35, ha dichiarato: “Da quasi 30 anni, la Romania e Lockheed Martin sono partner nella Difesa, l’acquisizione dello F-35 contribuisce a rafforzare ulteriormente la sicurezza nazionale e la capacità di deterrenza della Romania.” I nuovi velivoli dell’Aeronautica militare rumena si integreranno senza difficoltà con le attuali flotte di F-16, andando a potenziare le capacità uniche e straordinarie di ciascun velivolo, definendo un solido profilo di difesa. Inoltre, si trova proprio in Romania il Centro europeo di addestramento degli F-16 (Eftc, da European F-16 Training Center), istituito lo scorso anno insieme con l’Olanda. Attualmente, dei 20 partner globali che hanno scelto l’F-35 per le sue capacità avanzate e “net-centriche”, quelli europei sono Regno Unito, Germania, Italia, Repubblica Ceca, Olanda, Belgio, Polonia, Finlandia, Grecia, Danimarca e Svizzera. Globalmente, nel terzo trimestre dell’anno Lockheed-Martin ha riportato 6,5 miliardi di dollari di vendite, un calo del 3%, principalmente dovuto a minori consegne e ritardi dello F-35. La società ha consegnato 48 unità da giugno a settembre e prevede ancora di consegnare da 90 a 110 velivoli nel resto dell’anno. L’azienda ha anche rivelato che il lavoro sul lotto “18-19” è in corso e che sono in fase avanzata le trattative con il governo degli Stati Uniti, in seguito alla modifica del contratto da 7,8 miliardi di dollari per 126 esemplari assegnato nel 2023 per accelerare i tempi di costruzione. Tuttavia, i fondi iniziali per il lavoro sono esauriti, con un accordo non ancora raggiunto per i due lotti di produzione e l’azienda deve spendere circa 700 milioni di dollari per mantenere in funzione la produzione. Lockheed-Martin si aspetta ora di raggiungere l’accordo contrattuale e di recuperare alcuni costi multimilionari sostenuti nel quarto trimestre del 2024. Intanto sta ancora lavorando all’integrazione del Technology Refresh-3 (Tr-3) dell’aeroplano, con il Pentagono che starebbe trattenendo una cifra di circa 5 milioni di dollari per aereo fino al completamento dell’aggiornamento.La travagliata e contestata storia dello F-35 “Joint Strike Fighter” – il primo volo avvenne il 34 ottobre 2000 – conta da sempre delatori che ne denunciano i costi elevatissimi ed entusiasti che ne esaltano le prestazioni, ma ha comunque dimostrato che è stato possibile creare il sistema d’arma più complesso di tutti i tempi partendo dai primi studi effettuati dal 1980 per un decennio, passando per il programma Advanced Short Take-Off/Vertical Landing (Astovl, ovvero velivolo a decollo avanzato su pista corta e atterraggio verticale), effettuato dalla Darpa (l’agenzia statunitense per i progetti avanzati destinati alla Difesa), a partire dal 1983. Si calcola che dall’inizio fino al ritiro dal servizio, questo aeroplano comporterà costi per circa due trilioni di dollari, occupando a oggi 214.000 persone nel mondo generando un giro d’affari di 72 miliardi di dollari l’anno per oltre un migliaio di fornitori. L’Italia assembla gli esemplari europei presso la fabbrica Faco (Final Assembly and Check Out) di Cameri (No).

  • La sologamia: vuoi sposare te stesso? Si, lo voglio!
    by Elisa Rovesta on 22 Novembre 2024 at 18:00

    Se per alcuni il matrimonio rappresenta un sogno o una forma di realizzazione personale, ma se non si dispone di un partner, niente paura: ci si può sposare da soli o, meglio, con sé stessi. E ora è ufficiale. Si può davvero fare.A questa possibilità si è arrivati grazie alla creazione dell’istituto della sologamia. È intuitivo pensare che si differenzi, ad esempio, dalla monogamia o dalla bigamia: la sologamia prevede la presenza di una sola persona, cioè, noi stessi. Ci si unisce dunque in matrimonio alla propria persona, l’unione viene celebrata con una vera cerimonia e il tutto è accompagnato da un certificato di matrimonio. Facile no?Resta però aperto qualche dubbio: come funziona, o forse, come dovrebbe funzionare? Ci si chiede: “Mi vuoi sposare?” o “Mi voglio sposare?” La cosa non è del tutto chiara… Alla domanda “Vuoi esserti fedele per sempre?” bisogna anche valutare se si intende intraprendere una relazione aperta. E in tal caso, come ci si regola? Insomma, sorgono molte domande da porre al sologamo, e bisogna anche riflettere sulla routine di coppia, per quanto si tratti di una coppia… con sé stessi.Si può immaginare che a cena, apparecchiando la tavola, bastino un solo bicchiere e un solo piatto. Per guardare la televisione, un plaid è sufficiente. In bagno, basta un solo accappatoio, e anche il bagno può essere uno solo. Tutto è singolo: spazzolino, phon, conditioner per i capelli… d’altronde, il sologamo è uno, per definizione.Ci si dà la buonanotte da soli e, la mattina, che gioia: non si deve parlare con nessuno appena svegli.Tuttavia, anche il migliore dei matrimoni può attraversare momenti di crisi: può venire meno il dialogo a un certo punto, o si possono avere obiettivi diversi, pur trattandosi della stessa persona. Così, anche nella sologamia è prevista la possibilità di divorziare. Lo testimonia l’esperienza di Cris Galera, che, dopo aver indossato un bellissimo abito bianco per sposarsi con sé stessa, ha poi deciso di divorziare quando non si è più trovata in accordo con sé stessa. Cose che capitano.Ad ogni modo, sposarsi con sé stessi è piuttosto semplice: esiste un sito ufficiale dove è possibile accedere, compilare il modulo con i propri dati, e ricevere persino un certificato di matrimonio digitale. Insomma, evviva gli sposi! O lo sposo unipersonale! O chiunque si ami davvero.

  • Malopolska: l’incantevole Polonia meridionale e la tradizione dell’Architettura in legno
    by Rosita Stella Brienza on 22 Novembre 2024 at 17:00

    La Malopolska è una delle 16 regioni della Polonia la cui bellezza naturalistica e culturale mette in risalto la parte meridionale del Paese anche attraverso il paesaggio architettonico in legno. Qui la gente è accogliente e disponibile, sempre pronta a raccontare con orgoglio aneddoti della propria storia. Succede non solo nella fascinosa Cracovia, dove è piacevole passeggiare nel centro medievale ben tenuto per poi raggiungere facilmente il quartiere ebraico, ma anche nei borghi più piccoli.A circa 48 chilometri a sud-est del capoluogo di regione, si trova il villaggio di Lipnica Murowana, dove una chiesa di apparenze modeste abbaglia per la sua magnificenza, rappresentando così uno dei capolavori del genio creativo dell’uomo come testimonianza dei tempi antichi. Si tratta della chiesa di San Leonardo, tappa fondamentale dell’itinerario culturale dell’Architettura in legno.Il percorso ligneo comprende ben 253 siti tra cui musei all’aperto, granai, case padronali di antica nobiltà, cappelle e campanili, rustici, chiese cattoliche e ortodosse. In particolare, tra le 125 chiese cattoliche e le 49 ortodosse, dal 2003 ben 8 sono state inserite nel patrimonio dell’Agenzia UNESCO e tra queste anche la chiesa di San Leonardo.Grazie alla sapienza degli artigiani, non un solo chiodo è stato usato per costruire la chiesa di San Leonardo e i legni dei Carpazi, scelti con estrema accuratezza, profumano ancora. Costruita probabilmente alla fine del XV secolo, nel XVII è stata circondata dai porticati a pianoterra, in polacco: soboty. Ma la sua protezione naturale è dovuta alla ricca vegetazione arborea che l’avrebbe salvata durante l’alluvione del 1997. All’interno, mentre si sentono piccoli rumori secchi e crepitanti, si ammirano gli arredi pittorici con la policromia sulle pareti e sul soffitto, dove risalta una magnifica e delicata rappresentazione dell’Ultima Cena, del Giudizio Universale e della Passione di Cristo. All’esterno rimane il cimitero e mentre si respira in religioso silenzio il mistero della morte, poco distante richiamano l’attenzione le coloratissime palme pronte a dare il benvenuto a chi arriva nel villaggio.E’ qui che durante il periodo pasquale, proprio quando la natura rifiorisce, si continua a dare risalto alla tradizione popolare con l’organizzazione di un concorso delle palme più belle e più grandi. La gente del posto sorride, mentre il parroco del variopinto villaggio, custode da oltre 60 anni di una ricca tradizione locale, continua a invitare a ritornare chi arriva a Lipnica Murowana per assistere a uno dei momenti più folcloristici che riguarda la lavorazione delle palme per la Pasqua in Polonia.

  • Lagarde chiede il mercato unico dei capitali ma tace sui ritardi provocati dalla BCE
    by Nino Sunseri on 22 Novembre 2024 at 16:00

    Christine Lagarde, presidente della Bce insiste sul tema dell’integrazione delle Borse. A suo parere l’Europa deve impegnarsi di più per raggiungere gli Stati Uniti e, per farlo, deve rendere più semplice e veloce il sistema dei mercati finanziari. Questo potrebbe trasformare i risparmi degli europei in una grande opportunità per far crescere l’economia. Un appello sicuramente da condividere. Dimentica però di fare di ricordare quanto sia responsabilità della Bce in questo ritardo visto il carico di regole imposte proprio dall’Eurotower alle banche finanziamento delle imprese. Senza contare che il controllo del mercato unico finirebbe per aumentare il potere della BceAl Congresso Bancario Europeo a Francoforte, Lagarde ha spiegato che l’Europa ha una grande quantità di risparmi, ma non li sta utilizzando abbastanza per investire in progetti importanti. Gli europei risparmiano molto – circa il 13% del loro reddito – ma gran parte di questi soldi sono bloccati in conti che non guadagnano molto. In Europa, circa 11,5 trilioni di euro sono in contante e depositi, ma se questi risparmi fossero investiti nei mercati finanziari, potrebbero fare una grande differenza, portando alla crescita economica.Il problema è che il sistema dei mercati dei capitali in Europa è ancora troppo diviso e non funziona come dovrebbe. Ogni paese ha regole diverse, e questo rende difficile lavorare insieme. Per risolvere questo problema, Lagarde ha proposto nuove regole. Vuole creare uno “European Savings Standard”, uno strumento che aiuti gli investitori a scegliere soluzioni più semplici, chiare e a basso costo. In questo modo, i risparmi degli europei potrebbero essere investiti meglio, stimolando l’economia e creando più opportunità.Lagarde ha anche suggerito che, per migliorare la situazione, l’Europa potrebbe prendere spunto dagli Stati Uniti e creare una struttura simile alla SEC americana, che possa coordinare meglio i vari paesi. Con queste idee, l’Europa potrebbe crescere più velocemente e diventare più forte anche di fronte alle sfide globali, come le tensioni geopolitiche.Tuttavia, per arrivare a questo cambiamento, l’Europa deve superare una serie di ostacoli, come le diverse leggi e i vecchi interessi che frenano le riforme. Ma, secondo Lagarde, se riusciremo a fare questo passo, l’Europa potrà diventare più forte e competitiva, facendo crescere il benessere di tutti.Infine, nonostante la situazione economica difficile, con segnali di rallentamento in molte economie europee, l’Europa deve guardare avanti con fiducia e lavorare insieme per trovare soluzioni che possano rilanciare la crescita.

  • Andrea Illy: «Il caffè è un rito umanista e vitale»
    by Marco Morello on 22 Novembre 2024 at 15:30

    Ha lasciato quasi tutto com’era: i mobili in legno con i loro echi di terra, la mappa del mondo che si prende un’intera parete e una miniatura dell’Illetta, l’invenzione del nonno Francesco. La macchina che ha cambiato il modo di preparare l’espresso: «Abbassando la temperatura, migliorando il sapore, introducendo la crema». Un’innovazione che è germogliata in un’azienda. Andrea Illy è grato ai suoi ricordi e ci abita dentro: lavora ancora nell’ufficio del padre Ernesto, che è rimasto qui, fermo in un ritratto davanti alla sua vecchia scrivania. «L’ho messo io apposta, così può controllare quello che faccio. “Stai attento”, sembra dirmi ogni giorno» scherza il presidente dell’impresa di famiglia, terza generazione di cultori del caffè. «Penso che mio padre possa essere soddisfatto di me» aggiunge subito dopo: «Sono un figlio d’arte, chimico come lui. Eravamo complementari, abbiamo fatto uno splendido lavoro di squadra. Continuo a portarlo avanti».Quel lavoro è un’eccellenza italiana riconosciuta a livello internazionale, che serve 10 milioni di tazzine al giorno ed è presente in 140 Paesi: «Nel settore siamo la marca più globale al mondo».Tutto è partito, e ancora comincia, dai sobborghi di Trieste, in uno stabilimento un po’ orgogliosamente analogico che odora di cucina alla mattina presto e dove all’ingresso, subito dopo la reception, s’incontra un elemento inconsueto, ma il più coerente con lo spirito del luogo: il bancone di una caffetteria. La sede ospita anche un master rigoroso dedicato all’economia dei chicchi, laboratori in cui si sperimenta con le essenze più esotiche, stanze per lunghe e approfondite degustazioni (come per il vino, c’è una sputacchiera), mentre almeno ogni mezz’ora qualcuno si avvicina agli ospiti a proporre un macchiato o un ristretto. «Il caffè è un rito semplice e universale. È la bevanda della cultura e della modernità: continua a svolgere lo stesso ruolo da quattro secoli» ricorda Andrea Illy, che ha l’eleganza di non offrire l’ennesima tazzina, consapevole della maratona liquida sostenuta dal cronista di Panorama nelle ore precedenti all’intervista, a cui si arriva straordinariamente vigili. Si è spiegato perché il caffè non passa di moda? Tanti altri consumi di massa sono tramontati fino a estinguersi.Prima si bevevano quattro birre al giorno: l’acqua era spesso infetta e doveva fermentare, altrimenti si rischiava una dissenteria. Erano tutti ubriachi. Poi è arrivato il caffè e ha reso le persone più loquaci, facilitando lo scambio e le relazioni. Non ha mai smesso, perché funziona: aumenta la creatività, si trova sulla scrivania di programmatori, professori e artisti. È trasversale. Ha svegliato il mondo.L’ha riempito di energia. Non mi piace il termine, mi sa tanto di reazione chimica, di un calcio assestato dalla caffeina. Per questa ragione non facciamo sponsorizzazioni di tipo sportivo. Il caffè è una bevanda esperienziale, non funzionale. Non dà lo scatto, ma il pensiero. Allora, come ne racconterebbe l’effetto?Secondo me, l’attributo che meglio lo riassume è la vitalità. Un suo consumo moderato è associato alla longevità, ha proprietà antiossidanti. Non ha calorie, è delizioso. Il nostro espresso, in particolare, è un elisir, un condensato di aroma e cremosità.E qui entra in gioco il made in Italy, il timbro tricolore su un prodotto internazionale.In Illy siamo stati i progenitori dell’espresso, con la prima macchina a pressione. Oltre a essere più concentrato, è più raffinato. Assume una componente estetico-esperienziale che l’ha reso uno dei riti irrinunciabili dello stile di vita italiano. È un elemento dall’enorme valore intangibile.Abbastanza al riparo da ingerenze e appropriazioni estere?Per niente, non è stato possibile, nonostante io abbia provato in tutti i modi. Siamo 800 aziende in questo mercato, sono mancate le condizioni. Per tutelare una proprietà intellettuale occorre un approccio collegiale, un’unanimità che non c’è stata.Con quali conseguenze? Quello legato al caffè è diventato l’«italian sounding» più utilizzato al mondo. È tutto un fiorire di prodotti come «barista», «latte», «cappuccino». Non è accaduto con il lessico tedesco oppure turco. Si vede che la cultura italiana era la più evocativa, la più attrattiva.Perché non c’è stato lo spirito di squadra necessario a proteggere la sua straordinarietà?Come popolo ci riusciamo solo con il calcio. Se si tratta di essere compatti a livello della stessa industria, non succede. Siamo antropologicamente un Paese di individualisti, fatichiamo a perseguire l’interesse generale. Lo inseguiamo se è l’unico modo per difendere le nostre priorità, sennò non ci pensiamo nemmeno.Il settore non ha comunque subito contraccolpi, anzi…È vero, si è creato un mercato molto più ampio di quanto noi italiani saremmo stati in grado di generare da soli. Siamo piccoli dal punto di vista della forza economica e demografica per poter andare alla conquista del mondo. In compenso, un’intesa a livello globale è stata trovata su un altro fronte, persino più urgente.Si riferisce alla partnership pubblico-privata, da poco promossa dal G7 a Pescara, per aiutare i piccoli agricoltori nei Paesi a basso reddito.Non è più differibile. Entro il 2050 avremo la metà delle terre coltivabili a caffè che non lo saranno più. Vanno investiti 10 miliardi di dollari il prima possibile. La responsabilità è dei Paesi consumatori, perché quelli produttori non hanno le risorse adatte per sostenere la spesa.Come impiegare i fondi?Per esempio, nell’agricoltura rigenerativa, che noi stiamo già adottando per ripristinare la fertilità del suolo e la sua biodiversità, evitandone il sovrasfruttamento. Devo dire che ci sta dando grandi soddisfazioni.Lei è ottimista o catastrofista? Siamo in tempo per salvare il pianeta? Se portiamo a un giorno i 3,6 miliardi di anni trascorsi da quando esiste la vita sulla Terra e poi prendiamo gli anni in cui abbiamo fatto casino, diciamo gli ultimi 150, questi corrispondono a una manciata di millisecondi. È il battito d’ali di un’ape. Ce la faremo, non ci estingueremo. Saremo lenti all’inizio, ci attende una strada accidentata, ma a un certo punto andremo veloci. Com’è accaduto per la digital economy.Sembra evidente che lei non voglia rimanere spettatore.È un modo di essere, è la «fillysofia». I profitti non sono un fine per un’impresa, ma un mezzo per investire nella qualità della vita dei suoi portatori d’interesse. Sono molteplici, a cominciare dai 200 mila esercizi pubblici e negozi che propongono il prodotto secondo lo spartito del nostro modello di servizio. Li chiamo i dannati dell’eccellenza, se non lo fossero venderebbero qualcosa di fungibile. Poi ci sono i collaboratori, non risorse umane, ma talenti. E i fornitori dei chicchi che lavoriamo ed esaltiamo: senza la materia d’origine. non andremmo da nessuna parte. Infine, le comunità, i vivai dei talenti del futuro. Mancherebbero gli azionisti. Sono a sostegno dell’impresa, sono qui a dare anziché prendere tramite impegni, rinunce, saperi che si tramandano da generazioni. Mio padre mi ha inculcato bene nella testa che il vero padrone è il consumatore. Siamo al suo servizio. Se qualcosa va storto e consuma meno, chiudiamo i battenti.Al di là degli insegnamenti di suo padre, cosa la ispira?Leggo per quattro ore al giorno, anche di notte se è necessario. Pure in questo papà è stato maestro: quella che ho qui dietro è una piccola parte della sua libreria. Voglio aprire il mio cervello, imparare cose nuove per tradurle in pratica. Un’opportunità sarebbe mettere tali conoscenze al servizio della politica. Accetterebbe un incarico pubblico?Quella carriera l’ha fatta mio fratello (Riccardo, già sindaco di Trieste e presidente del Friuli-Venezia Giulia, ndr). Se sei un politico parli solo con metà della gente, io sono apolitico e parlo con tutti. E poi un imprenditore fa politica implicitamente, quello che persegue a livello aziendale ha un impatto su milioni di persone.Per questa trasversalità fra scienza e pensiero, fra teoria e pratica, l’hanno definita un chimico umanista. Ci si ritrova? Carlo Cipolla scriveva che ci sono quattro tipologie di persone: i banditi, gli sprovveduti, gli stupidi e gli intelligenti. A me interessa rientrare nella categoria degli intelligenti, che fanno il bene di sé stessi e degli altri. Come ci riesce?Non lesino risorse per cercare il meglio possibile e sono contento di quanto sto realizzando. Mettiamola così: sono un chimico umanista felice.

  • Trent’anni senza Franco Moschino
    by Mariella Baroli on 22 Novembre 2024 at 15:00

    Apre oggi al pubblico, Franco Moschino, il genio visionario, una mostra che si presenta come un inno all’audacia creativa e alla genialità sovversiva di uno degli stilisti più iconici e irriverenti al mondo. Allestita negli spazi della MyOwnGallery di Superstudio in via Tortona a Milano, questa esposizione non è semplicemente un tributo a trent’anni dalla scomparsa di Moschino, ma un’esperienza immersiva che intende restituire la complessità di una figura capace di intrecciare moda, arte, critica sociale e ironia in un discorso estetico che ha segnato profondamente il mondo della moda e della comunicazione.Curata da Giuseppe Mastromatteo e Pierpaolo Pitacco per l’Art Directors Club Italiano, con il patrocinio del Comune di Milano e il supporto di partner prestigiosi come Istituto Marangoni e Neutro Roberts, la mostra conduce il visitatore attraverso un percorso che va oltre l’immagine del designer per entrare nel cuore del pensiero di Moschino. Il fotografo Stefano Pandini, con il suo obiettivo, costruisce una narrazione visiva intima e intensa: pannelli fotografici che rivelano momenti del quotidiano e lampi di genio, accanto a una selezione di opere originali che appartengono alla collezione privata dello stesso. Un angolo dedicato alla video-narrazione arricchisce il viaggio, con testimonianze dirette di figure che hanno attraversato il panorama creativo degli anni Ottanta e Novanta, tracciando il profilo di un artista che ha sfidato le convenzioni con la grazia del pensatore ribelle.Ma Franco Moschino, il genio visionario non si limita a celebrare l’uomo e il suo lavoro: è un dialogo con il presente, che passa anche attraverso il contributo degli alumni di Istituto Marangoni, giovani talenti che reinterpretano con audacia lo spirito dissacrante e innovativo del marchio Moschino, dimostrando quanto la sua eredità creativa continui a influenzare il linguaggio della moda contemporanea. Questa presenza sottolinea l’intenzione della mostra di non confinarsi nel ricordo, ma di mantenere vivo un messaggio che invita alla libertà di pensiero, alla sperimentazione e al coraggio di essere sé stessi.A trent’anni dalla scomparsa di Franco Moschino, il suo sorriso ironico, la sua intelligenza acuta e la sua visione ancora risuonano, non solo come un ricordo, ma come un invito a immaginare mondi nuovi, con la stessa leggerezza disarmante che ha trasformato la sua moda in un linguaggio universale.

  • The Smoke Orchestra: «Celestial Bodies unisce funk e astronomia»
    by Gabriele Antonucci on 22 Novembre 2024 at 14:30

    Negli anni Settanta, periodo di massimo splendore per il funk, si era affermato un sottogenere chiamato space funk, un particolare stile musicale tra afro, funk ed elettronica che trovava nel “cosmo” un elemento sonoro comune. Rifacendosi a quello stile, ma declinandolo con sonorità più moderne e contemporanee, è nato Celestial Bodies, il primo album di inediti della The Smoke Orchestra, una sorta di “all star” dei migliori musicisti funk in Italia. Il disco, oltre che in tutte le piattaforme digitali, è disponibile anche in vinile edizione limitata. Il collettivo The Smoke Orchestra (formato da Angelo “Gange” Cattoni alle tastiere e voce, Gianluca “Pello” Pelosi al basso, Marco Zaghi ai sassofoni e al flauto, Antonio “Heggy” Vezzano alla chitarra, Riccardo “Jeeba” Gibertini alla tromba e al trombone e Nico “Rho Kayman” Roccamo alla batteria e percussioni) nasce semplicemente Smoke nel 2004 come reggae-roots band, incidendo due dischi, Smoke (2006) e Routes (2008), che diventano di culto nel panorama reggae italiano. Nel 2009 il progetto diventa The Smoke Orchestra e per quasi un decennio è impegnata come backing band di vari artisti soul e r&b italiani e internazionali, tra cui Nina Zilli e Ronnie Jones, per i quali registrano anche alcuni album. Nel 2020 pubblicano con Irma Records un primo disco di cover Hot, Funky & Sweaty, una raccolta di reinterpretazioni di grandi hit del funk tra il 1965 e il 1975. Quattro anni dopo vede finalmente la luce Celestial Bodies, il primo album di inediti del collettivo milanese formato da dieci brani e anticipato dai singoli Henrietta Leavitt and the Cepheids Variables, Interstellar e Hot Mercurio. Il primo singolo, tra funk e afrobeat, è dedicato a una grande astronoma del passato che, con il suo lavoro di osservazione di alcune stelle nella piccola nube di Magellano, ci ha portato a scoprire le distanze tra le galassie. Interstellar, che cita il libro/film di culto Guida per autostoppisti galattici, è un omaggio alla sonorità electrofunk dei Kraftwerk e degli Zapp di Roger Troutman, mentre Hot Mercurio è un brano tutto da ballare, in cui si avvertono echi di Earth Wind & Fire, Stevie Wonder e Ohio Players, fino al nostro Lucio Dalla più “black”. «Il tema dell’album è nato quasi per gioco parlando insieme al bassista Gianluca “Pello” Pelosi, con cui abbiamo sempre avuto in comune l’amore, oltre che per la musica reggae e funk, anche per l’astronomia», ci ha detto al telefono il cantante e tastierista Angelo “Gange” Cattoni. «Abbiamo iniziato a scambiarci informazioni astronomiche e, una volta che abbiamo preso il via, il processo è stato abbastanza naturale, divertente e interessante. Alcune canzoni sono un po’ trasognate, con dei testi quasi astratti, invece, in altri casi, mi sono messo ad analizzare che cosa succede esattamente quando esplode una supernova o cosa c’è nella fascia di Kuiper, all’esterno del nostro sistema solare, quindi c’è stato un lavoro di ricerca molto approfondito». Unire un genere musicale sensuale e carnale come il funk con le comete e gli astri celesti può sembrare un azzardo, ma il realtà Gange ci ha detto che «alla fine degli anni Sessanta gruppi come i Funkadelic e i Parliament di George Clinton sono stati tra i primi che hanno usato strumenti elettronici, come sintetizzatori, moog e vocoder, anche per simulare gli effetti speciali dei film di fantascienza. Inoltre ci siamo accorti, provando i nuovi brani di Celestial Bodies per la presentazione dell’album al Biko di Milano, che con il funk ti stacchi corporalmente da quello che stai facendo, per entrare in una specie di trance nel momento esatto in cui stai andando bene, senza pensare troppo alle singole note. Quindi, in questo senso, il funk ha in comune il distacco dalle cose terrene per entrare in una dimensione altra».

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