Pubblicato il: 21/11/2024

L’assenza dal lavoro per malattia è disciplinata da un quadro normativo che regola sia i doveri del lavoratore, sia il trattamento economico a cui lo stesso ha diritto durante il periodo di inabilità. Quando un dipendente non è in grado di svolgere le proprie mansioni a causa del proprio stato di salute, è obbligato a comunicare tempestivamente al datore di lavoro la sua assenza e a procurarsi il certificato medico, che viene trasmesso telematicamente all’Inps.
Sul piano retributivo, il lavoratore in malattia ha diritto a un’indennità economica, la cui erogazione può essere effettuata direttamente da parte dell’Inps o, in alcuni casi, dal datore di lavoro che anticipa la somma.

Le aziende, inoltre, hanno la facoltà di richiedere visite fiscali per verificare la veridicità dello stato di malattia, nell’ottica di tutelare la correttezza nell’utilizzo di tali benefici economici. L’inosservanza degli obblighi previsti, come la mancata reperibilità durante i controlli medici, può comportare non solo sanzioni disciplinari, ma anche la sospensione totale o parziale del trattamento economico.
Secondo la normativa dell’INPS e dell’INAIL, l'indennità di malattia è erogata per:

  • il 50% della retribuzione media giornaliera dal quarto al ventesimo giorno;
  • il 66,66 dal ventunesimo al centottantesimo giorno.

I contratti collettivi stabiliscono l’entità dell'indennità erogata al lavoratore per i primi tre giorni di malattia – che, tra l’altro, è a carico del datore di lavoro – e possono prevedere integrazioni successive all'indennità corrisposta dall’INPS, per coprire totalmente o parzialmente la perdita di stipendio.
L'indennità di malattia si interrompe decorsi 180 giorni nell'arco di un anno. Pertanto, il lavoratore ha diritto a sei mesi all’anno di indennizzo; decorso tale termine, lo stesso non potrà più beneficiare di alcun sostegno economico.
Relativamente, invece, al periodo di conservazione del posto di lavoro, anche noto come periodo di comporto, è anch'esso determinato dai contratti collettivi e, generalmente, coincide con il limite di 180 giorni nell’arco di un anno previsto per le indennità INPS: esso vale sia per le assenze continuative che per quelle frammentate.

Pertanto, quando il lavoratore, sia esso del settore pubblico o privato, è impossibilitato a lavorare a causa di una malattia, deve contattare il proprio medico. Quest’ultimo, attraverso un sistema telematico, invia all’Inps il certificato che attesta l’inizio e la presunta fine della malattia, nonché la diagnosi. L’Inps, da parte sua, può effettuare controlli tramite visite mediche.
Le fasce di reperibilità per il settore privato e per il settore pubblico sono state uniformate a seguito della sentenza del 3 novembre 2023, n. 16305 del TAR del Lazio, che ha parzialmente annullato il D.M. 17 ottobre 2017, n. 206. Pertanto, sia i lavoratori privati sia quelli pubblici devono essere reperibili dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19, tutti i giorni, compresi domeniche e festivi (messaggio 22 dicembre 2023, n. 4640). In caso di assenza alla visita domiciliare, il lavoratore viene invitato a recarsi presso gli ambulatori della struttura territoriale INPS, in una data specifica. Per non incorrere in azioni disciplinari da parte del datore di lavoro, è tenuto a presentare una giustificazione valida per l’assenza.

Se il medico incaricato non trova il lavoratore al domicilio durante la visita fiscale, questi è obbligato a fornire al datore di lavoro una giustificazione valida. Inoltre, dovrà presentarsi presso l’ambulatorio della struttura Inps territoriale nel giorno stabilito dagli organi competenti.
Le regole appena menzionate si applicano anche allo smartworking; infatti anche chi lavora da remoto è obbligato a rispettare le fasce di reperibilità presso il domicilio dichiarato. Che si tratti di lavorare da una spiaggia o da un bar, durante la malattia non è consentito essere altrove: il domicilio indicato deve coincidere con il luogo di reperibilità per i controlli medici.


Vai alla Fonte

Di