Pubblicato il: 18/11/2024

L'assemblea condominiale è l'organo decisionale del condominio e – oltre all'approvazione delle spese riportate nel bilancio consuntivo – serve a prendere le decisioni attinenti la gestione, la manutenzione e l'amministrazione delle parti comuni dell'edificio. Per legge, l'amministratore è tenuto a convocare l'adunanza e proprio per questo, se non adempie all'obbligo, i singoli condomini possono tutelarsi con vari strumenti ad hoc.

Tenuto conto del dettato dell'art. 66 delle disp. att. c.c., primo comma, il professionista convoca l'assemblea condominiale:

  • per l’approvazione del rendiconto condominiale annuale e del correlato piano di suddivisione delle spese. L’obbligo di convocare l’assemblea va rispettato entro 180 giorni dalla chiusura dell’esercizio;
  • laddove ne sia fatta domanda da almeno due condomini che rappresentino un sesto del valore dell’edificio, per trattare di argomenti specifici di interesse comune o individuale (assemblea straordinaria);
  • nei casi dettagliati eventualmente dal regolamento condominiale.
Inoltre, la richiesta di convocazione dell’assemblea può anche aversi su impulso di un solo condomino, ma in casi eccezionali di cui alla legge ossia:
  • art. 1117 quater del c.c., in ipotesi di violazione delle destinazioni d'uso delle parti comuni, per far terminare il comportamento;
  • art. 1120 del c.c., in ipotesi in cui sia necessario disporre innovazioni migliorative per le cose comuni;
  • art. 1129 del c.c., in caso di gravi irregolarità fiscali o inottemperanze nella gestione economica-finanziaria del condominio da parte dell’amministratore, il cui mandato potrà essere revocato.
Tuttavia disinteresse o negligenza, eventuali conflitti con i condomini, difficoltà organizzative o personali oppure semplice incompetenza potrebbero portare alla mancata convocazione dell'assemblea: come comportarsi in queste circostanze?

Ebbene, se l’amministratore condominiale non convoca l’assemblea nei casi disposti dalla legge o dal regolamento del palazzo, i singoli condomini – come accennato in apertura – hanno a disposizione alcune contromisure.

Anzitutto, è possibile l'invio di una richiesta formale scritta tramite raccomandata a/r o la più moderna PEC, indicando con precisione gli argomenti da trattare e i motivi di urgenza, che impediscono di aspettare ulteriormente. I condomini dovranno poi attendere dieci giorni, confidando nell'indizione della riunione da parte dell'amministratore.

In ipotesi di perdurante non indizione dell'adunanza, i condomini saranno liberi di autoconvocare l'assemblea, facendo le veci dell’amministratore inerte e svolgendo, quindi, i compiti utili a calendarizzare l'adunanza condominiale. L'autoconvocazione deve essere effettuata da almeno due condomini che rappresentino un sesto del valore dell’edificio.

Ecco in sintesi le incombenze:

  • invio, esclusivamente con raccomandata a/r, PEC, lettera consegnata a mani, telegramma o fax, degli avvisi di convocazione a tutti i condomini;
  • indicazione nell’avviso, oltre che del luogo e della data, dell'ordine del giorno, ossia degli argomenti di cui si discuterà nell'adunanza.
Infine, se il mancato rispetto dei doveri di convocazione è ripetuto o ingiustificato, i condomini possono considerare la possibilità di revocare l’amministratore. Possono farlo nell'ambito di un’assemblea convocata con questo specifico ordine del giorno, oppure possono rivolgersi alla magistratura, chiedendo la revoca per giusta causa. Peraltro, secondo l'art. 1129 del c.c., costituisce grave irregolarità – comportante la revoca giudiziale – l’omessa convocazione dell’assemblea per l’approvazione del rendiconto condominiale e il ripetuto rifiuto di convocare l’assemblea per la revoca e per la nomina del nuovo amministratore.

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