Pubblicato il: 15/11/2024

La pensione di reversibilità è un trattamento pensionistico, riconosciuto dall’INPS ai familiari superstiti di un pensionato (o di un assicurato) deceduto. Ogni anno i limiti di reddito personale per poter beneficiare del supporto pensionistico sono soggetti a modifiche. Infatti, come previsto dalla L. 8 agosto 1995, n. 335 (c.d. Riforma Dini), l’importo della pensione di reversibilità è correlato alla situazione economica del superstite.

La percentuale di pensione assegnata varia in base al grado di parentela con il defunto.

Più nel dettaglio, il coniuge superstite ha diritto al 60% della pensione goduta in vita dal titolare. Invece, al figlio unico superstite (minore, studente o inabile) spetta il 70%. In caso di due figli (o nipoti) superstiti, in assenza di coniuge, essi hanno diritto all’80% della pensione del genitore deceduto. In caso di tre o più figli (o nipoti), in assenza di coniuge toccherà loro il 100% della pensione. Le predette percentuali restano confermate anche per il 2025.

Occorre, poi, aggiungere che la pensione del dante causa è destinata a fratelli e sorelle solamente in assenza di coniuge, figli e genitori ed esclusivamente nel caso in cui soddisfino determinate condizioni:

  • celibi o nubili;
  • inabili al lavoro al momento della morte del pensionato;
  • non titolari di pensione diretta;
  • a carico del dante causa.
In tal caso spetta un quota pari al 15% per il fratello o per la sorella sola, che sale fino al:
  • 30%: due fratelli o sorelle;
  • 45%: tre fratelli o sorelle;
  • 60%: quattro fratelli o sorelle;
  • 75%: cinque fratelli o sorelle;
  • 90%: sei fratelli o sorelle;
  • 100%: sette fratelli o sorelle.
La possibilità che venga riconosciuto il 100% della pensione di reversibilità a fratelli e sorelle è dunque remota.

Sulla tematica della reversibilità è intervenuta in più occasioni la Corte costituzionale, ampliandone il raggio di tutela solidaristica secondo le seguenti direttrici:

  • estendendo il novero dei soggetti legittimati a ricevere la pensione di reversibilità, con la dichiarazione dell'illegittimità costituzionale dell'art. 38 del D.P.R. n. 818 del 1957, nella parte in cui non include, tra i destinatari diretti ed immediati della suddetta pensione, i nipoti maggiorenni orfani riconosciuti inabili al lavoro e viventi a carico del pensionato defunto (cfr. sent. n. 88 del 2022 e circ. Inps 64/2024);
  • dichiarando che la pensione di reversibilità non può essere decurtata, in caso di cumulo con ulteriori redditi del beneficiario, di un importo che superi l'ammontare complessivo dei medesimi redditi aggiuntivi (cfr. sent. n. 162/2022).
Pensione di reversibilità: limiti di reddito 2025

Ogni anno, come si anticipava in premessa, i limiti di reddito personale per poter beneficiare del supporto pensionistico sono soggetti a modifiche.
Per il 2024 sono entrati in vigore nuovi limiti reddituali, superati i quali sono previste decurtazioni sulla pensione di reversibilità. Tali limiti sono legati al trattamento minimo (pensione minima), che viene rivalutato annualmente sulla base dell’inflazione media registrata nell’ultimo anno. Nel 2024, la rivalutazione annuale dei trattamenti pensionistici è stata pari al 5,4%, con un importo del trattamento minimo lievitato a 598,61 euro.
Per il 2025 i limiti reddituali, con relativi tagli, dovrebbero essere fissati come segue:

  • zero tagli (reversibilità totale): per redditi entro il limite di 23.579,22 euro
  • taglio reversibilità del 25%: per redditi compresi tra i 23.579,22 a 31.438,96 euro
  • taglio reversibilità del 40%: per redditi compresi tra i 31.438,96 euro e 39.298,70 euro;
  • taglio reversibilità del 50%: per redditi superiori a 39.298,70 euro.

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