Pubblicato il: 04/11/2024

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 27610 del 24 ottobre 2024, ha confermato che l'abuso delle pause sul lavoro può giustificare il licenziamento per giusta causa, in particolare se il comportamento incide negativamente sull'immagine dell’azienda e sul rispetto del ruolo ricoperto.
Nel caso specifico, un lavoratore è stato licenziato perché ripetutamente sorpreso a prolungare le pause oltre il tempo consentito. Le pause, inizialmente previste per brevi periodi di riposo, venivano allungate fino a mezz’ora e, spesso, si trasformavano in soste al bar in compagnia dei colleghi, in orario di lavoro.
Il caso: violazioni ripetute e danno d'immagine
Il lavoratore in questione – in una posizione che richiedeva responsabilità ed esempio all’interno di un servizio pubblico di raccolta rifiuti – è stato monitorato da un’agenzia investigativa, che ha rilevato le sue assenze ingiustificate. Il datore di lavoro, appurati i fatti, ha deciso di licenziarlo, e il lavoratore di impugnare il licenziamento.
La decisione ha attraversato più gradi di giudizio: in primo grado, il licenziamento era stato giudicato eccessivo, mentre la Corte d’Appello di Catanzaro ha ritenuto legittimo il licenziamento per giusta causa, dati i comportamenti ripetuti e il rischio di danno d’immagine per l’azienda. Secondo la Corte, il dipendente non solo violava le regole aziendali, ma minava anche la fiducia dei cittadini nel servizio svolto dall’azienda.
Confermando la legittimità del licenziamento, la Cassazione ha sottolineato come un comportamento scorretto da parte di chi svolge ruoli di rilievo possa non solo pregiudicare la qualità del lavoro, ma danneggiare la reputazione aziendale. Ciò è particolarmente importante nei settori come quello della raccolta rifiuti, dove l’interazione con il pubblico è costante.
La Cassazione ha ricordato che l’immagine aziendale è un “patrimonio” da proteggere: insieme ai beni materiali, anche la reputazione e la fiducia del pubblico sono asset aziendali da salvaguardare.
Uso di investigatori privati: i limiti stabiliti dalla legge
Un altro aspetto rilevante della sentenza riguarda l’impiego di investigatori privati per verificare il comportamento dei dipendenti. La Cassazione ha chiarito che un datore di lavoro può rivolgersi a investigatori esterni solo in presenza di sospetti specifici e fondati su comportamenti scorretti. Nel caso in questione, il datore aveva il fondato sospetto che il dipendente prolungasse le pause senza giustificazione e, per questo, il ricorso a un’agenzia investigativa è stato considerato legittimo.
Tuttavia, la legge prevede che i controlli non possano essere indiscriminati: il monitoraggio deve rispettare il diritto alla privacy dei lavoratori e deve avvenire solo in situazioni dove c’è un chiaro sospetto di violazione delle regole.
Implicazioni della sentenza per i lavoratori
La Cassazione, con questa ordinanza, ha dato un messaggio chiaro e diretto a chiunque occupi una posizione di rilievo: è fondamentale rispettare i tempi e le modalità delle pause, evitando di usarle in modo inappropriato. La fiducia del datore di lavoro è centrale, e un comportamento scorretto può facilmente mettere a rischio la stabilità lavorativa.
Il rispetto delle regole, soprattutto per chi ricopre ruoli di responsabilità, contribuisce all’immagine positiva dell’azienda e favorisce l’efficienza del servizio offerto. Mantenere un atteggiamento trasparente e corretto è, quindi, importante non solo per la propria posizione, ma anche per il benessere dell’intero ambiente di lavoro.
La fiducia tra lavoratore e datore di lavoro, inoltre, è una componente chiave, e un uso scorretto del tempo lavorativo può avere conseguenze gravi, fino a compromettere il posto di lavoro e la carriera.

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