Pubblicato il: 22/10/2024

Il Decreto Salva Casa (D.L. 69/2024, convertito in L. 105/2024) ha introdotto importanti novità in materia edilizia, modificando anche il T.U. Edilizia.
Una prima novità riguarda la modifica dell’art. 34 bis del T.U. edilizia, che – nella nuova versione – introduce varie tolleranze costruttive-esecutive, per le quali non è più necessaria alcuna sanatoria. È necessario, però, distinguere a seconda che gli interventi edilizi siano stati realizzati entro la data del 24 maggio 2024, oppure successivamente ad essa.
Infatti, nel primo caso, si applicheranno le nuove percentuali di tolleranza, variabili dal 2% al 6%, in base alla superficie utile dell'unità immobiliare. Nel secondo caso, invece, la soglia di tolleranza è fissata sempre al 2%.

Una difformità non rientra nei casi di tolleranza nelle seguenti ipotesi:

  • mancanza del titolo abilitativo;
  • realizzazione di interventi in modo non conforme alle norme urbanistiche comunali o ad altre normative settoriali (antisismiche, antincendio, igienico-sanitarie, ecc.), comprese le disposizioni del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42).
Con riferimento all’ipotesi della mancanza del titolo abilitativo, bisogna distinguere se l’intervento richiedeva:
  • la presentazione di una CILA (Comunicazione di Inizio Lavori Asseverata);
  • la presentazione di una SCIA “leggera” (Segnalazione Certificata di Inizio Attività);
  • la presentazione di una SCIA alternativa al permesso di costruire;
  • la richiesta di un permesso di costruire.

Nel secondo caso, invece, la prima opzione per la Pubblica Amministrazione consiste nella demolizione dell’abuso e nel ripristino dello stato dei luoghi. Solo dopo l’ordinanza di demolizione, e limitatamente ai casi previsti dagli artt. 33, 34 e 38 T.U. Edilizia, si potrà valutare la possibilità di una sanzione pecuniaria alternativa alla demolizione. Tale pagamento, come stabilito dalla modifica apportata al comma 1-bis dell'art. 9 bis T.U. Edilizia, concorre alla sanatoria dello stato dell’immobile.

Altra questione riguarda la possibilità di presentare una CILA tardiva. L’art. 6 bis del T.U. edilizia dispone che gli interventi edilizi, che non rientrano nelle ipotesi di edilizia libera (art. 6 del T.U. edilizia), permesso di costruire (art. 10 del T.U. edilizia), SCIA alternativa (art. 23 del T.U. edilizia) o SCIA (art. 22 del T.U. edilizia), possono essere effettuati mediante presentazione di CILA. Più nel dettaglio, la Tabella A allegata al D.Lgs. n. 222/2016 (Decreto SCIA 2) elenca gli interventi edilizi e i relativi regimi amministrativi. Gli interventi soggetti a CILA includono:

  • manutenzione straordinaria “leggera”;
  • restauro e risanamento conservativo “leggero”;
  • eliminazione delle barriere architettoniche.

Il comma 5 dell’art. 6-bis T.U. Edilizia stabilisce che “la mancata comunicazione asseverata dell'inizio dei lavori comporta la sanzione pecuniaria pari a 1.000 euro. Tale sanzione è ridotta di due terzi se la comunicazione è effettuata spontaneamente quando l'intervento è in corso di esecuzione”.
Pertanto, aver eseguito uno di questi interventi (manutenzione straordinaria, restauro, ecc.) senza CILA non configura un “abuso edilizio” che richiederebbe una sanatoria, ma l’intervento può essere regolarizzato tramite CILA tardiva, sia a lavori conclusi, sia durante la loro esecuzione.

Tanto premesso, il TUE individua tre tipi di difformità edilizie:

  • variazioni essenziali;
  • abusi parziali;
  • totale difformità.
Ciascuna di queste categorie prevede un diverso percorso di regolarizzazione. Con il decreto “Salva Casa”, il legislatore ha introdotto due nuove casistiche per la regolarizzazione di interventi realizzati in parziale difformità:
  • interventi effettuati come varianti in corso d'opera, che costituiscono parziale difformità rispetto al titolo rilasciato prima dell'entrata in vigore della L. n. 10/1977;
  • interventi accertati durante sopralluoghi o ispezioni, effettuati in corso di lavori soggetti a titolo abilitativo, per i quali non è stato emesso un ordine di demolizione o di ripristino, e per i quali è stata rilasciata la certificazione di abitabilità o agibilità.

Nel primo caso, l'intervento può essere regolarizzato mediante presentazione di SCIA e pagamento di una somma stabilita ai sensi del comma 5 dell’art. 36 bis del T.U. edilizia. Nel secondo caso, invece, si applica la stessa disciplina delle tolleranze costruttive previste dall’art. 34 bis del T.U. edilizia.
Permane, però, un problema irrisolto, che è stato sollevato dalla giurisprudenza amministrativa. Mentre le variazioni essenziali sono definite dall’art. 32 del T.U. edilizia e dalle leggi regionali, la definizione di “abuso parziale” e “abuso totale” rimane incerta.
Una recente sentenza del TAR Lazio, la n. 17619/2024, pur non risolvendo la questione, ha sottolineato che “non esiste una compiuta definizione della categoria dei lavori ed interventi eseguiti in parziale difformità” all'interno del T.U. Edilizia. Sarebbe, quindi, opportuno che il legislatore intervenisse per colmare questo vuoto normativo, al fine di non compromettere l’obiettivo dell'art. 36-bis, pensato per semplificare la sanatoria di tali abusi.

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